Libia: si dimette presidente del Congresso per la nuova legge sull'epurazione politica
Un soldato è stato ucciso ieri in un attacco contro una pattuglia dell'esercito libico
a Bengasi, nell'est della Libia. Intanto nel Paese, a quasi due anni dalla caduta
del regime di Gheddafi, fanno molto discutere le dimissioni di Mohammed Magarief,
il presidente del Congresso nazionale. Magarief è stato ambasciatore della Libia di
Gheddafi prima del 1980 e poi è diventato uno dei leader dell'opposizione in esilio.
Si è dimesso in base alla nuova "'Political isolation law", la legge che vieta a chiunque
abbia servito il regime del Colonnello dal colpo di Stato del 1969 fino alla caduta
del 2011 di ricoprire incarichi politici. La norma è stata approvata il 5 maggio scorso
ed entrerà in vigore il 5 giugno. Della legge e del clima nel Paese, Fausta Speranza
ha parlato con Gabriele Jacovino, coordinatore degli analisti del Centro studi
internazionali:
R. – Le varie
milizie tribali che ancora sono attive in Libia cercano di dettare un’agenda politica,
seppure possiamo parlare di agenda politica per la decisione del governo di portare
avanti questa legge – di fatto approvata dietro minaccia delle milizie che tenevano
sotto assedio il Ministero della difesa e il Ministero degli esteri fino alla settimana
scorsa. E’ comunque una legge che potrà avere risvolti pericolosi per l’intera stabilizzazione
del Paese, perché il presidente del Congresso nazionale libico è la prima vittima
"eccellente" di questa legge, avendo lui avuto dei legami con il passato regime, ma
non è l’unico. Anche lo stesso presidente libico, lo stesso primo ministro, potrebbero
essere i prossimi a doversi dimettere.
D. – Questo può essere motivo di ulteriore
instabilità nel Paese?
R. – Assolutamente sì. Le nuove istituzioni libiche
cstavano omunque cercando di compiere passi in avanti verso una stabilizzazione del
Paese, la quale, se fino a due settimane fa era lontana, in questo momento è ancora
più lontana. Anche perché il venir meno di cariche istituzionali così importanti può
solamente far cadere il Paese in una crisi istituzionale di cui in questo momento
è difficile prevedere la fine.
D. – Parliamo della gente, parliamo del clima
nel Paese…
R. – Il clima nel Paese è quello, appunto, di una nazione che dev’essere
ricostruita fin dalle proprie fondamenta, sia politiche sia istituzionali ma anche
sociali, perché dopo la venuta meno del regime di Gheddafi sono state le strutture
tribali a prendere il posto di quelle statali. Quindi, di fatto è un Paese molto diviso
al proprio interno, dove le cariche istituzionali non riescono a trasmettere un senso
di Paese, un senso di istituzione, un senso unitario.
D. – Quanto è grave il
rischio che questa debolezza della Libia possa aprire al rafforzamento di gruppi qaedisti,
in quella zona?
R. – Sicuramente, il vuoto di potere lasciato dalle istituzioni
libiche del post-Gheddafi ha aperto e continua ad aprire spazi per l’avanzata di gruppi
qaedisti o di ispirazione qaedista, non solo libici ma facenti capo a vari gruppi
attivi in tutto l’arco nordafricano, ma anche nella regione del Sahel. Possono trovare
in Libia uno spazio di azione anche e soprattutto perché il territorio del Mali –
che negli ultimi anni era diventato un po’ un paradiso per questi gruppi qaedisti
– è venuto meno dopo l’operazione francese. Il territorio libico potrebbe sostituire
in un certo senso il territorio del Mali nel dare un retroterra logistico a questi
gruppi.
D. – Secondo lei, potrebbe esserci una qualche influenza sul dibattito
attorno a questa legge da parte della comunità internazionale?
R. – Sicuramente,
è necessaria a questo punto l’influenza della comunità internazionale, o un impegno
maggiore della comunità internazionale in Libia, per aiutare le istituzioni libiche
in un processo di stabilizzazione nel post-Gheddafi. Senza un impegno forte della
comunità internazionale, ma anche delle organizzazioni internazionali – in primis,
l’Onu – la Libia rischia veramente di rimanere in un "limbo" di anarchia e di divisioni
tribali da cui sarà difficile uscire.