La Papua Nuova Guinea ripristina la pena di morte. Contrari i vescovi
Lo Stato-arcipelago di Papua Nuova Guinea nel Pacifico, uno dei Paesi piu' poveri
al mondo, ha ripristinato la pena di morte per omicidio, stupro aggravato e rapina
a mano armata. Il parlamento di Port Moresby ha anche abrogato una controversa legge
sulla stregoneria, che offriva forti attenuanti per crimini violenti se l'accusato
agiva per fermare atti di stregoneria. Il voto a larga maggioranza fa seguito a una
serie di stupri di gruppo, anche di donne straniere, e di raccapriccianti torture
e uccisioni di donne accusate di stregoneria, una credenza tuttora diffusa nel Paese.
La pena capitale, con impiccagione, sedia elettrica, iniezione letale o fucilazione,
si estende a casi gravi di corruzione e puo' essere applicata anche alla coltivazione
di marijuana. I vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone avevano ribadito
il loro “no” alla pena di morte, Come ha riferito a Fides una nota di padre Victor
Roche, segretario generale della Conferenza episcopale, la Chiesa locale aveva offerto
al dibattito pubblico tre ragioni per rifiutare la pena capitale. La prima è che è
contro la Bibbia e contro i principi cristiani, contro il comandamento “Non uccidere”.
Poiché Dio è l'autore della vita “né la magistratura né il governo hanno il potere
di togliere la vita a qualcuno”. La seconda ragione è che “la pena di morte non ha
fatto diminuire il tasso di criminalità nei Paesi in cui viene utilizzata e la Papua
Nuova Guinea non farà eccezione”. “Migliorare il sistema di giustizia e dare la certezza
della pena sono deterrenti anche migliori per il crimine”, notano i vescovi. In terzo
luogo, la Chiesa chiede: “Chi giustizierà i criminali condannati a morte in Papua
Nuova Guinea? Saranno connazionali o alcuni stranieri pagati? Se saranno nostri concittadini,
potrebbero aver luogo uccisioni per vendetta contro la famiglia dei carnefici”, dunque
questo provvedimento potrebbe “far scoppiare lotte tribali”, a danno dell’armonia
nella società. Dal canto suo Amnesty International ha condannato il ritorno alla pena
di morte in Papua Nuova Guinea come una maniera ''orribile e repressiva'' oltre che''controproducente'',
di combattere il crimine. (R.P.)