Congo: dopo gli scontri a Bukavu nel Sud Kivu, accuse ed appelli
Un appello a consegnare le armi, prima del dispiegamento nella regione della Brigata
di intervento dell’Onu: lo ha rivolto il ministro della Difesa, Alexandre Luba Ntambo,
a tutte le milizie attive nel Sud Kivu, provincia confinante con il Nord Kivu, teatro
di una crisi armata. “E’ giunto il momento di arrendersi per evitare che ci siano
vittime collaterali nel prossimo intervento della Brigata Onu” ha detto il ministro,
in visita da lunedì nel capoluogo Bukavu. Entro due mesi - riporta l'agenzia Misna
- più di 3000 soldati inviati da Sudafrica, Malawi e Tanzania saranno operativi affianco
ai Caschi blu della Monusco con un mandato offensivo per “lottare contro i gruppi
ribelli” e “riportare la pace nell’est del Congo”, confinante con Rwanda e Uganda.
Anche il Sud Kivu sta subendo i contraccolpi della crisi in atto dal 2012 nella provincia
gemella del Nord Kivu, alimentata dalla ribellione del Movimento del 23 marzo (M23).
La scorsa settimana a Bukavu si sono verificati scontri interetnici tra Banyamulenge
– tutsi congolesi di origine ruandese – e congolesi nativi della regione. Questi ultimi
hanno accusato i giovani tutsi di sostenere i ribelli dell’M23, in armi contro il
governo di Kinshasa. I disordini della scorsa settimana hanno causato una quarantina
di feriti, fra cui otto agenti di polizia. Rivolgendosi alle comunità locali, il ministro
della Difesa ha inoltre dichiarato che “le ultime violenze sono l’opera di manipolatori
che vogliono dimostrare che l’aggressione di cui il nostro Paese è vittima, è dovuta
a problemi intercomunitari”, invitando la popolazione di Bukavu a “non cedere ai tentativi
di manipolazione”. Il governatore del Sud Kivu Marcellin Cishambo ha denunciato il
“vento di guerra che sta minacciando la nostra provincia”, chiedendo alle diverse
comunità di “adoperarsi a favore della coabitazione pacifica tra tutti i congolesi”.
Da mesi esperti Onu e esponenti della società civile congolese hanno dimostrato che
l’ultima ribellione passata all’offensiva in Nord Kivu, l’M23, è sostenuta politicamente
e militarmente da Kigali e Kampala, i due Paesi confinanti che hanno interessi diretti,
anche economici, nelle due province del Kivu. Inoltre fin dai primi anni 90 – e soprattutto
dopo il genocidio ruandese del 1994 – la questione dei Banyamulenge, e dei cittadini
tutsi in generale è al centro di numerose problematiche socio-politiche nelle due
province del Kivu. (R.P.)