Mons Toso: aumentano gli atti di intolleranza anticristiana nell'area Ocse
La discriminazione nei confronti dei cristiani “deve essere considerata una grave
minaccia all’intera società” e va combattuta come si fa “con l’antisemitismo e l’islamofobia”.
Lo ha affermato nei giorni scorsi a Tirana, in Albania, il vescovo Mario Toso, segretario
del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Occasione dell’intervento, la Conferenza
di alto livello sulla tolleranza e la non discriminazione promossa dall’Osce, l’Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La storia, verrebbe
da dire, ha insegnato poco o niente. Con l’Editto di Milano, 1700 anni fa, l’imperatore
Costantino “liberava” dalle persecuzioni sistematiche i seguaci di Cristo. Diciassette
secoli dopo, nello stesso teatro europeo, “gli episodi di intolleranza e di discriminazione
nei confronti dei cristiani non solo non sono diminuiti, ma sono addirittura aumentati”.
A fronte di una notevole crescita globale di sensibilità nel campo dei diritti umani,
molte sono le ombre che mons. Toso rileva quando si tocca la situazione delle comunità
cristiane oggi nel mondo. A cominciare dall’emarginazione più strisciante tra “credenza
religiosa e pratica religiosa”, quella per cui – osserva con schiettezza mons. Toso
– “spesso ai cristiani viene ricordato, nel pubblico dibattito (e sempre più di frequente
anche nei tribunali), che possono credere tutto ciò che vogliono nelle loro case e
nelle loro teste, e che possono rendere culto come desiderano nelle loro chiese private,
ma che semplicemente non possono agire in base a queste credenze in pubblico”. Si
tratta, prosegue, “di una distorsione deliberata e di una limitazione del vero significato
della libertà di religione”, che ha ricadute in almeno due ambiti.
Il primo
è “l’intolleranza nei confronti del discorso cristiano”. A riprova, mons. Toso ha
ricordato l’aumento di minacce e arresti contro cristiani rei di essersi espressi
su questioni riguardanti la loro fede, braccati perfino sui social network. Il secondo
ambito è quello della “coscienza cristiana”, specialmente sul posto di lavoro. “In
tutta Europa – ha riferito mons. Toso – si sono verificati numerosi casi di cristiani
allontanati dal luogo di lavoro solo perché hanno cercato di agire secondo la propria
coscienza”. Il risultato è che alcuni cittadini dell’area Osce “sono costretti a scegliere
tra due scenari improbabili: possono abbandonare la propria fede e agire contro la
loro coscienza, oppure resistere e affrontare il fatto di perdere il loro sostentamento”.
Considerando anche gli atti di vandalismo o dileggio avvenuti nei luoghi di
culto, ciò che la Santa Sede chiede agli Stati Osce è che la discriminazione nei confronti
dei cristiani – anche laddove costituiscono una maggioranza – sia “considerata una
grave minaccia all’intera società” e quindi “combattuta proprio come giustamente si
fa con l’antisemitismo e l’islamofobia”. “Negare a un argomento morale, basato sulla
religione, un posto nella pubblica piazza è un atto di intolleranza ed è antidemocratico”,
incalza mons. Toso. “O, per dirlo in altre parole, laddove potrebbe esservi uno scontro
di diritti, la libertà di religione non deve mai essere considerata come inferiore”,
concetto - questo - rilanciato anche in un tweet. E sulla tolleranza, il presule
osserva che la questione della libertà religiosa non può e non deve esservi “incorporata”.
E spiega: “Se fosse questo il valore umano e civile supremo, allora qualsiasi convinzione
autenticamente veritiera che ne escluda un’altra equivarrebbe all’intolleranza”. E
“se una convinzione valesse l’altra, si potrebbe finire con l’essere compiacenti anche
verso le aberrazioni”.