L’Unione Africana annuncia: ci sarà Forza di pronto intervento continentale
I leader africani riuniti ad Addis Abeba, in Etiopia, hanno deciso di creare una Forza
di reazione rapida, tutta africana, in grado di intervenire nei conflitti sul continente.
Lo ha annunciato il presidente di turno dell'Unione Africana, il primo ministro etiope,
Hailemariam Desalegn. Ha parlato di una “decisione storica”, sottolineando che molti
Paesi si sono offerti di dare il loro contributo ad una forza del genere. Del significato
e delle implicazioni pratiche della decisione, Fausta Speranza ha parlato con
il prof. Aldo Pigoli, docente di Storia dell’Africa contemporanea all’Università
cattolica del Sacro Cuore:
R. – Bisogna
andare indietro di una decina d’anni, quando nel 2003 è stato pensato un altro strumento
ancor più impegnativo in termini di risorse e capacità militari: l’"African Standby
Force", ossia l’idea di creare una forza di pronto intervento rapido, di tipo militare
per risolvere, intervenire nelle varie crisi di natura militare del continente. Una
forza di peacekeeping sulla falsa riga di quelle messe in atto dall’Onu. In
dieci anni, circa, questa forza di intervento rapido non è ancora stata resa operativa,
perché emergono numerose difficoltà dal punto di vista sia della logistica - quindi
dal punto di vita strettamente militare - sia dal punto di vista dell’apporto concreto
che gli Stati africani possono e vogliono dare a questo tipo di istituzioni e iniziative,
a partire dal costo finanziario per sostenere queste realtà.
D. – Chiaramente,
un significato immediato lo cogliamo tutti. Ma che cosa davvero potrebbe determinare
per l’Africa una forza tutta africana?
R. – Potrebbe significare la realizzazione
di un sogno, che ormai data 50 anni, dalla creazione dell’Organizzazione per l’Unità
Africana, cioè quello di un reale “panafricanismo” politico, economico e anche militare.
Potrebbe rendere possibile il sogno dell’Africa agli africani in tutti i suoi aspetti.
Questo è l’obiettivo sulla carta: bisogna tenere in considerazione che ci vorrà tempo
per realizzare realmente un tipo di realtà come questa, anche perché, come dicevamo,
la storia recente ha messo in evidenza gli aspetti più negativi, cioè le difficoltà
economiche, politiche.
R. – Parliamo di Unione Africana: possiamo dire che
a questo impegno armato di forze di reazione rapida corrisponda anche un processo
di integrazione politica che sta andando avanti bene?
D. – Se vogliamo fare
il paragone con quello che stiamo vivendo noi in Europa, sicuramente il processo di
integrazione del continente africano sta procedendo rapidamente per quanto riguarda
gli aspetti economici, commerciali e sempre di più anche per quelli monetari e finanziari.
Non dimentichiamoci che l’Unione Africana è una realtà che coordina organizzazioni
su base regionale – in particolar modo sono cinque i pilastri regionali del continente
– che stanno da anni portando avanti processi sempre più fruttuosi di integrazione
economica e commerciale. Alla base, c’è l’idea politica di realizzare il “panafricanismo”,
l’unità africana, che continua anche con discreti successi. Il fatto di arrivare a
dire di realizzare una forza di pronto intervento militare significa che c’è un consenso
politico generale tra i Paesi africani. Rimangono però le difficoltà legate al fatto
che – soprattutto i principali Paesi africani, nelle varie regioni in Sudafrica, Nigeria,
Etiopia, Algeria, Kenia ed altri ancora – cercano comunque di far sì che questo processo
di integrazione a tutto campo sia orientato a portare quanti più benefici e meno costi
ai propri Paesi, rispetto agli obiettivi più generali. Questa è una cosa che noi europei
conosciamo molto bene.