In mostra 30 opere di Astiaso Garcia: raffigurare nei volti una bellezza che rimandi
a Dio
Il volto dell’Arcangelo Gabriele, quello di Giuditta ma anche paesaggi come “Cielo
e Mare”: sono 30 i dipinti del pittore Francesco Astiaso Garcia, esposti nella
mostra allestita a Roma fino al 31 maggio prossimo, presso la grande Sala delle Esposizioni
dell’Accademia di Romania. “La bellezza è la porta che ci permette di entrare nella
contemplazione di Dio”, afferma il giovane artista che, al microfono di Debora
Donnini, spiega il motivo per cui ha scelto per quest’esposizione il titolo “Fiamma
di Fuoco Viva”:
R. – Il titolo
della mostra è una parafrasi del poema di San Giovanni della Croce, "Llama de Amor
viva" (Fiamma d’Amor viva). L’esposizione parla di questa fiamma riferita all’arte,
che ci riporta al senso profondo delle cose, ci riconduce in qualche modo a Dio.
D.
– Nella sua pittura attuale ci sono molti volti che vengono descritti con grande precisione,
ma uniti ad alcuni elementi di pittura più moderna. Sono come dei volti sfumati da
una patina di pittura, i cui lineamenti non si colgono perfettamente: qual tipo di
arte lei usa di più?
R. – Vengo da una tradizione pittorica molto accademica.
Ho sempre rappresentato la realtà e il ritratto è stato per me la principale fonte
di attenzione. E’ vero però che per essere un pittore contemporaneo bisogna essere
un pittore della propria epoca. Ma oggi c’è anche il rischio di sbandare in questo
senso di libertà ostentata, anche eccessiva: il rischio di slegarsi anche da quello
che è la tradizione, la bellezza di una pittura classica che io non ho mai rinnegato,
ma che in qualche modo cerco di portare a una sintesi, fondendola con le sperimentazioni
astratte, informali. Cerco un po’ questo connubio tra contemporaneità intesa come
freschezza, sperimentazione, e la forma classica tradizionale.
D. – Uno dei
suoi quadri si chiama “Annunciata” e rappresenta il volto della Vergine. In che modo
la fede traspare nella sua arte?
R. – Già il tema dell’“Annunciata” si lega
alla fede, perché ritrae la Vergine Maria nel momento in cui l’Arcangelo Gabriele
le annuncia il Mistero della salvezza, che la vede anche protagonista. Al di là di
questo discorso tematico, la fede nell’arte si vede perché fa presente Dio attraverso
la bellezza, che è la prima manifestazione dell’amore di Dio. La prima manifestazione
dell’amore di Dio nella bellezza è nel Creato, come impronta dell’amore di Dio per
l’uomo. Diciamo che dai paesaggi astratti a qualsiasi volto, a qualsiasi pittura che
io mi accingo a fare, c’è sempre questa consapevolezza che tutto quello che dipingo
si lega a Dio.
D. – Molte delle sue opere ritraggono dei volti che per lo più
sono molto belli esteticamente, secondo i canoni classici. Ma la concezione che lei
ha di questa bellezza non è una concezione solo estetica, cioè fine a se stessa, ma
una bellezza che appunto parla di Dio, quindi dell’amore, della relazione…
R.
– La bellezza sempre e comunque parla di Dio. Se noi leggiamo un bel libro o vediamo
un bel film, ci interessa sapere chi l’ha scritto o chi sia il regista. La bellezza
infatti è qualcosa di meraviglioso, che però va anche relativizzato, perché passa.
Va quindi vista in un senso più alto, che ci porta a vedere belle anche la vecchiaia
e la malattia.
D. – Nei volti che lei ritrae, c’è anche un mondo interiore,
spirituale, che lei vuol far trasparire?
R. – Una delle possibilità che dà
la sperimentazione dei mezzi contemporanei – proprio la fusione tra questa pittura
informale con la figurazione – è quella di portare lo spettatore verso una dimensione
più profonda. Come dicevo prima, la bellezza passa, è fuggitiva, ma l’uomo è molto
di più che una presenza estetica: è chiamato all’eternità. Ma come fare presente quest'eternità,
la presenza dell’anima nell’uomo? Attraverso questo linguaggio estetico che fonde
in un tutt’uno la nostra presenza corporea e quella celeste e che quindi, in qualche
modo, lascia intravedere l’anima, l’essenza spirituale delle figure che io dipingo.