Rapporto Amnesty: tortura in 112 Paesi, in 80 processi iniqui. Il dramma dei profughi
112 Paesi hanno torturato loro cittadini, in 80 si sono svolti processi iniqui, in
altri 57 prigionieri di coscienza sono rimasti in carcere. Sono le percentuali più
significative del rapporto annuale di Amnesty International, che riporta le violazioni
dei diritti umani in 159 Paesi e territori. Il volume del 2013 sottolinea come il
mondo sia sempre più pericoloso per rifugiati e migranti. Francesca Sabatinelli:
Fuggono dalle
violazioni e dai conflitti, cercano rifugio e migliori opportunità , finiscono con
il divenire una “sottoclasse globale”, i loro diritti non vengono protetti, ma infranti,
“in nome del controllo dell’immigrazione, agendo ben al di là delle legittime misure
di controllo alle frontiere”. Il rapporto Amnesty 2013 ci ricorda che i migranti sono
214 milioni, che 12 milioni sono gli apolidi, che 15 milioni sono registrati come
rifugiati, per tutti loro il mondo è sempre più pericoloso. Per loro varcare il confine
di un Paese è più difficile che per le armi. Carlotta Sami, direttrice generale
di Amnesty Italia:
“Il tema dell’immigrazione è il tema dei conflitti, delle
crisi che producono gli spostamenti, e non viene affrontato se non in maniera populista
e molto dannosa nei confronti delle persone stesse. Per cui si tende a proteggere
molto le frontiere, per tutto quello che riguarda l’accesso di persone in fuga, persone
in cerca di protezione. Questi milioni e milioni di persone sono quelle che più si
trovano assolutamente in pericolo, esposte a qualsiasi tipo di abuso. Parliamo di
stupri per le donne, parliamo di vittime di tratta per donne e bambini, parliamo di
lavoro forzato, di schiavitù”.
Sono moltissime le crisi e le guerre che
hanno spinto l’anno scorso milioni di persone a fuggire dai loro Paesi. Il conflitto
in Siria ha registrato finora almeno 1.400.000 profughi approdati nei Paesi vicini,
soprattutto Libano. Ma nel rapporto si citano anche fughe dalla Corea del Nord, al
Mali, che ha visto il suo anno peggiore per le violazioni, dalla Repubblica Democratica
del Congo, al Sudan, paesi dilaniati dal conflitto armato.
“Ci sono alcuni
Paesi che, in particolare, si distinguono per violazioni gravissime. In Corea del
Nord abbiamo campi di prigionieri politici; sappiamo pochissimo e quello che sappiamo
lo sappiamo per coraggiosissimi singoli individui, che riescono a far filtrare un
po’ di informazioni. Siamo molto preoccupati per la situazione in Siria e per quanto
questa situazione sta creando anche in termini di stabilità dei Paesi attorno alla
Siria. Siamo non meno preoccupati dell’area del Mediterraneo come Amnesty International
Italia. E’ un’area con cui siamo non solo in relazione, ma verso cui facciamo molta
attenzione, perché questi sono Paesi che hanno sempre dato un grande spiraglio di
apertura e in cui invece assistiamo ad un retrocedere. Parliamo dell’Egitto, della
Tunisia. Quindi siamo particolarmente attenti a questi Paesi. Proprio in questi giorni
cerchiamo di capire cosa stia succedendo. I nostri ricercatori sono molti attenti
all’evoluzione in Iran, a causa delle elezioni”.
La Siria è sotto la lente
di ingrandimento, per la sistematica violazione dei diritti umani da parte dei fedeli
al regime di Damasco che hanno continuato a compiere attacchi indiscriminati e mirati
contro i civili e a sottoporre i sospetti oppositori a sparizioni forzate, detenzioni
arbitrarie, torture ed esecuzioni extragiudiziarie. A loro volta, i gruppi armati
hanno proseguito a catturare ostaggi e a compiere esecuzioni sommarie e torture, seppur
su scala minore. Avverte l’organizzazione: non si sa cosa potrà accadere in futuro
se non ci sarà un intervento della comunità internazionale. Basta quindi con la scusa
che i diritti umani “sono una questione interna”: il consiglio di sicurezza dell’Onu
deve agire e fermare gli abusi. Il rapporto sviscera tutte le nefandezze dei governi,
si va dalla repressione dei minatori in Sudafrica, che ha provocato oltre 30 morti,
ai conflitti sociali per le risorse naturali in America Latina, dalla violenza in
Afghanistan, che nel 2012 registra il picco di civili uccisi, all’uso della tortura
da parte delle forze di polizia in vari paesi, tra i quali Guinea, Etiopia, Senegal
e Zimbabwe. Un gravissimo problema è rappresentato dall’aumentata violenza sulle
donne, così come contro i giornalisti e i difensori dei diritti umani, violazioni
queste che attraversano tutti le regioni esaminate da Amnesty. La repressione della
libertà di espressione è stata documentata in 101 paesi, tra i quali Cambogia, Maldive,
Sri Lanka, India, e poi c’è il paravento della crisi economica utilizzato dagli stessi
paesi europei per coprire le mancanze degli strumenti di tutela dei diritti umani:
“Il
2012 è proprio un anno che, dal nostro punto di vista, è, insopportabilmente, pieno
di violazioni. Sicuramente per quello che concerne l’attenzione dei Paesi più ricchi
nei confronti dei diritti umani, si è usato il velo della crisi economica per mascherare
di fatto un’insensibilità e una mancanza di attenzione di intervento. Questo lo abbiamo
rilevato anche molto recentemente e abbiamo fatto un’uscita pubblica con Grecia, Portogallo
e Spagna per dire che la crisi finanziaria, la crisi economica non può essere il motivo
per cui l’Unione Europea e i singoli Stati europei evitino costantemente o addirittura
violino costantemente i diritti umani dei residenti negli Stati europei e dei migranti
che da noi arrivano. C’è, comunque, anche una situazione grave a livello mondiale
di diseguaglianza e di povertà costante, che non viene adeguatamente risolta”.
Il
capitolo Italia non manca di testimoniare una progressiva erosione dei diritti umani,
di ritardi e vuoti legislativi non colmati, di violazioni gravi e costanti, si pensi
alla violenza omicida contro le donne, agli ostacoli che incontra chi chiede giustizia
per coloro che sono morti mentre si trovavano nelle mani di agenti dello stato. “E’
giunto il momento di fare riforme serie nel campo di diritti umani”, dice Antonio
Marchesi, presidente di Amnesty Italia, pronta ad avanzare richieste al nuovo
governo italiano di Enrico Letta.
“Noi chiediamo sicuramente una sospensione
degli accordi con la Libia. Non è un obiettivo facile ed è evidentemente un obiettivo
ambizioso per Amnesty. Riteniamo, però, che sia una richiesta molto giustificata,
perché il nuovo governo transitorio libico non garantisce il rispetto dei diritti
fondamentali delle persone. Collaborare nella gestione dei flussi migratori con questo
interlocutore e in queste condizioni non è possibile, senza mettere a repentaglio
la vita e l’integrità di tante persone. Non c’erano, quindi, proprio i presupposti
per firmare l’accordo firmato dalla Cancellieri a suo tempo e noi riteniamo che non
ci siano ancora e debba esserne quindi sospesa l’applicazione. Cosa ci aspettiamo?
Speriamo che almeno la cancellazione del reato di immigrazione clandestina possa essere
un obiettivo raggiungibile. Sarebbe una cosa semplice: non richiede tempo, non ha
costi particolari, anche perché è stato accertato, non da noi, ma dal precedente governo,
che ha prodotto pochissimi effetti. Rimane quindi una specie di norma manifesto, reato
manifesto. Noi riteniamo che sia anche profondamente iniquo, perché colpisce persone
che, in realtà, reati non ne hanno veramente commessi, perché non hanno commesso reati
contro il patrimonio, contro le persone, contro la sicurezza, e sono semplicemente
irregolari sul territorio da un punto di vista amministrativo. Ed è contrario agli
standard internazionali, che limitano la privazione della libertà a condizioni molto
speciali e per un periodo di tempo molto limitato e non consentono questa privazione
generalizzata della libertà di tutti coloro che non hanno i permessi in regola”.
Non
si devono però tralasciare le buone notizie, come la crescente ritirata della pena
di morte, sebbene in Gambia si siano registrate le prime esecuzioni dopo 30 anni,
e poi l’adozione nell’aprile 2013 di un trattato delle Nazioni Unite sul commercio
di armi, il che, spiega Amnesty, “fa crescere la speranza che le forniture di armi
che possono essere usate per commettere atrocità saranno fermate”.