Gioco d'azzardo. Cnca: governo e parlamento ne limitino la diffusione
Chiedere al governo e al parlamento di intervenire per regolamentare e limitare la
diffusione del gioco d’azzardo in Italia è il tema della conferenza “Mettiamoci in
gioco” voluta dall’Anci, l'Associazione nazionale Comuni italiani che l’ha ospitata
nella sede romana, e dal Cnca, il Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza.
Il gioco d’azzardo può portare tanta gente a indebitarsi per cifre esorbitanti, distruggendo
non poche famiglie. Qualcuno arriva alla tragica conclusione di togliersi la vita.
Al microfono di Elisa Sartarelli, il presidente del Cnca, don Armando Zappolini:
R. - Il fenomeno
è ormai molto presente, molto evidente. I casi, sempre più frequenti, di persone che
per disperazione, a causa dei debiti da gioco, si tolgono la vita o fanno gesti inconsulti
e provocano anche grandi sofferenze di disgregazione anche nelle famiglie. Questo
rende ancora più inaccettabile la distrazione e la lontanza della politica da questo
tema, fra l’altro una politica che in questi anni si è pesantemente compromessa come
responsabilità, perché se l’Italia è diventata un Paese dove, in pratica, c’è un liberismo
assoluto sul gioco d’azzardo, che produce queste tante gravi conseguenze, questo è
frutto anche di una politica che su questi temi è stata - come minimo - distratta...
C’è una rete che si è prodotta nel Paese: una campagna, diverse campagne, diverse
sensibilizzazioni. Ultima, quella dei sindaci delle grandi città, che hanno promosso
uno spot. Ci sono le reti dei Comuni, dell’Anci: tutte queste grandi realtà che, in
qualche modo, si stanno coinvolgendo insieme perché questa cosa passi da una consapevolezza
collettiva a un’agenda politica.
D. - E’ la crisi che spinge al gioco d’azzardo,
al guadagno facile, in un momento in cui il lavoro non si trova?
R. - Questa
è una causa e anche un effetto del problema, perché è la pubblicità che le agenzie
del gioco stanno producendo che dà questo messaggio pericolosissimo: tu puoi sistemarti
un po'... Per cui, questo e la concomitanza della crisi economica, della mancanza
di risorse, di precarietà produce un mix devastante. I dati ci dicono che le persone
che giocano di più, che giocano in modo patologico, sono le persone delle fasce più
deboli.
D. - E intanto, le sale gioco prolificano nelle città e a volte nascondono
attività illegali…
R. - E’ uno strumento che, attraverso il paravento del gioco
legale, in realtà favorisce anche il guadagno delle organizzazioni criminali. Le grandi
famiglie mafiose - la ’ndrangheta, la camorra - gestiscono il gioco legale oppure
esercitano il controllo sui territori di alcuni quartieri, di alcune città anche del
sud. Per esempio, a Catania il clan Santapaola gestisce in modo diretto, attraverso
le sale gioco, il riciclaggio del denaro, il flusso del denaro dato alle famiglie
dei detenuti che non tradiscono la mafia. Tutto un controllo del territorio che, in
qualche modo, con il gioco d’azzardo si può in modo più efficiente articolare.
D.
- Come si può uscire dal vortice della dipendenza del gioco d’azzardo?
R. -
La cosa più efficace è sempre la prevenzione. Per chi questo invece, purtroppo, non
lo può più fare perché è già dentro la problema, sicuramente prendere contatto con
dei servizi, con delle strutture. Noi stiamo preparando, come campagna “Mettiamoci
in gioco”, una mappatura dei servizi del pubblico e del privato che intanto hanno
attivato delle risposte. Bisogna prendere questa cosa con grande impegno, perché non
è un problema da poco. Noi stiamo chiedendo che il primo accenno di attenzione che
il ministro Balduzzi ha avuto con il decreto, riconoscendo il gioco d’azzardo patologico
come livello essenziale di assistenza, sia ora riempito di contenuti: quindi siano
attivate risorse e percorsi che permettano di strutturare una rete di servizi.