Campagna del Campus Bio-Medico di Roma per i malati di autismo
Una malattia che si manifesta intorno ai tre anni di vita con la difficoltà sempre
più evidente a intrecciare relazioni con gli altri, fino al completo isolamento e
alla difficoltà di vivere una vita sociale e lavorativa. Questo è l’autismo, un tempo
considerata malattia rara. Oggi, se si confronta la sua incidenza sulla popolazione
con gli scarsi strumenti a disposizione di pazienti e famiglie per affrontarla, si
potrebbe piuttosto parlare di una malattia ancora in buona parte sommersa. Di qui
la necessità di proseguire nella ricerca. Ed è con questo obiettivo che nasce la campagna
“Non lasciamoli soli”, promossa dall’Associazione “Amici del Campus Bio-Medico” Onlus.
Attraverso un sms solidale, al 45502, si potrà contribuire fino al primo giugno a
finanziare i progetti condotti dall’Unità di Ricerca di Neuropsichiatria dell’Università
Campus Bio-Medico di Roma, diretta dal Professor Antonio Persico. Salvatore
Sabatino lo ha intervistato:
R. – L’autismo
è una patologia, in cui è praticamente coinvolta sia l’interazione sociale sia la
capacità di comunicare con gli altri - quindi persone che appaiono molto isolate -
sia la presenza di comportamenti particolari, come per esempio sfarfallare con le
mani oppure non guardare negli occhi o non girarsi quando una persona ti chiama.
D.
– Quante sono le persone coinvolte?
R. – Sono molte più di quelle che si stimavano
un tempo. Oggi si sa che all’incirca ad un bambino ogni cento che nascono, nel corso
della sua vita, verrà diagnosticata una sindrome autistica. Quando noi parliamo di
un caso su cento, stiamo generalmente parlando di forme piuttosto importanti. Quando
una persona ne viene colpita e quando noi ad un bambino facciamo una diagnosi di autismo
prima dei tre anni, con tutti gli interventi terapeutici che sono oggi disponibili,
quel bambino, bene o male, comunque sia, sarà un adolescente autistico, un adulto
autistico ed un giorno un anziano autistico. E’ molto importante, quindi, lo sforzo
che si vuole fare in questo momento, per finanziare la ricerca, per comprendere le
cause della malattia, per fare una diagnosi precoce, quindi un intervento terapeutico
più mirato.
D. – Lei diceva “un bambino ogni cento”, ma nel 1985 nascevano
dai tre ai quattro bambini autistici ogni 10 mila. Come mai questo incremento?
R.
– Una causa sicura è che l’incremento apparente probabilmente è dovuto ad una maggiore
capacità diagnostica, che noi oggi abbiamo, e al fatto che un tempo li si sarebbe
chiamati in altro modo. A quell’epoca si sarebbero più facilmente chiamati ritardi
mentali o altro. In realtà, è probabile però che ci sia anche un reale aumento d’incidenza,
perché alcuni fattori ambientali che agiscono in epoca prenatale sono molto più presenti
oggi di un tempo, ma soprattutto perché l’età dei genitori, al concepimento del primo
figlio, si sta facendo sempre più avanzata, e questo noi sappiamo che è da sempre
correlato ad un aumento dell’incidenza di malattie, che bene o male hanno un’importante
componente genetica.
D. – La ricerca verso una cura si sta indirizzando verso
terapie molecolari personalizzate, già in fase avanzata di studio, per alcuni sottogruppi
di pazienti. Cosa vuol dire questo?
R. – Vuol dire che se si riesce a fare
una diagnosi che non è semplicemente una diagnosi di autismo presente-assente, ma
una diagnosi molto più raffinata, una diagnosi cioè in cui noi di un soggetto conosciamo
anche la struttura genetica e quindi l’origine precisa ed esatta della malattia, per
alcuni soggetti già oggi sono disponibili terapie che si stanno utilizzando in termini
ancora sperimentali, che possono effettivamente mostrare un’efficacia mirata. Ora,
questo campo delle terapie molecolari personalizzate è un campo che deve crescere,
deve crescere molto, come deve crescere la conoscenza delle basi molecolari della
malattia sul singolo individuo.
D. – Tutto questo ha bisogno ovviamente di
fondi...
R. – Certamente, perché il progetto cui facevo riferimento è un progetto
che dal 2012 al 2016 verrà finanziato a livello europeo, ma solo per una modesta parte
dei costi generali e che vede il Campus Bio-Medico impegnato come unico gruppo italiano.
E’ un progetto che mira per il 2016 a darci delle conoscenze, in termini diagnostici,
molecolari e possibilmente terapeutici, che vadano direttamente ad influire su un
miglioramento della qualità di vita di questi pazienti e delle loro famiglie. E’ per
questo, quindi, che è molto, molto importante che, pur essendo questo un difficile
momento economico, chi può sostenga questa campagna con un sms solidale.
D.
– Questa campagna si chiama “Non lasciamoli soli” ed è un vero e proprio appello alla
solidarietà...
R. – Sì, è un appello alla solidarietà. Con un sms al 45502
tutti possono donare due euro. Sono tante piccole gocce, che messe insieme a questo
parziale finanziamento europeo, possono effettivamente darci una grossa mano, per
procedere con una conoscenza dettagliata proprio delle basi molecolari della malattia.
Nel singolo bambino una diagnosi sempre più precoce e precisa è una terapia sempre
più mirata ed efficace.