2013-05-22 14:17:06

Cinque minatori feriti in scontri con la polizia nel nord del Sudafrica


Di nuovo scontri in una miniera in Sudafrica. Disordini tra polizia e lavoratori in sciopero sono scoppiati nel nord del Sudafrica, presso una miniera di cromo, di proprietà del gruppo Lanxess, a Rustenburg, Secondo la portavoce dell'azienda, i minatori hanno cominciato a lanciare pietre contro la polizia che ha risposto sparando proiettili di gomma “per difendersi”. Dieci i feriti. A febbraio in un’altra miniera di platino nei disordini erano rimasti uccisi cinque minatori. Ben più grave, con decine di morti, era stato il bilancio della situazione di crisi di un anno fa. Della tensione legata al settore minerario e del contesto sociale del Sudafrica, Fausta Speranza ha parlato con Anna Bono, docente di Storia dei Paesi e delle istituzioni africane all’Università di Torino:RealAudioMP3

R. – E’ una situazione di tensione crescente che oltretutto – in particolare per il fatto che è sul punto di aprirsi il negoziato sulla ridefinizione dei salari e delle condizioni di lavoro nel settore minerario – non promette niente di buono.

D. – Una situazione particolare, questa dei lavoratori nelle miniere, ma in qualche modo rappresentativa di tutta una tensione sociale: è così?

R. – Certamente. Questo Paese dal 2010 è entrato a far parte dei Paesi emergenti e, in effetti, rispetto al panorama generale del continente africano, è in condizioni decisamente più rosee: basti pensare che nel vicino Zimbabwe la disoccupazione è calcolata al 75%, mentre in Sudafrica è “soltanto” – si fa per dire – al 25%. Tuttavia, nel 2008-2009 questo Paese, risentendo della crisi internazionale ma anche di scelte politiche ed economiche che non sono state delle più felici, è entrato in recessione. Soprattutto l’industria mineraria, che è una parte fondamentale dell’economia di questo Paese, è entrata in crisi, in recessione: c’è stata una diminuzione della produzione e quindi degli introiti. E, in generale, si può dire che ormai da alcuni anni il Paese risenta soprattutto, anche in presenza di miglioramenti tangibili – almeno in certi settori – delle condizioni di vita della popolazione, della delusione per le promesse mancate. A 18 anni dalla fine del regime di apartheid, ci sono ancora non dico sacche di povertà, che sarebbe già grave, ma c’è ancora un terzo circa della popolazione del Paese che vive sotto la soglia della povertà. E il disagio è aumentato proprio per la delusione delle promesse mancate, delle aspettative enormi che sono state deluse in questi anni da una classe dirigente e da una classe politica che non si sono dimostrate all’altezza.

D. – La classe dirigente non è stata all’altezza della crisi economica globale, o delle situazioni particolari da risanare all’interno della società del Sudafrica?

R. – Entrambe le cose. Non è stata all’altezza e poteva anche essere comprensibile, date le proporzioni della crisi globale, mondiale, che stiamo attraversando. Non è stata all’altezza dell’emergenza che si è creata a partire dal 2008, ma soprattutto non è stata capace di avviare politiche generali nel settore dei servizi e delle infrastrutture e nel settore dell’occupazione, che consentano un reale miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, in particolare dei dipendenti delle miniere che sono protagonisti – ma non soltanto loro – ormai da oltre un anno di proteste vivaci e anche molto ben organizzate. Lamentano condizioni di lavoro pericolose, lamentano condizioni abitative e, in generale, di vita per se stessi e per le famiglie del tutto al di sotto della soglia non dico di povertà ma di dignità. Naturalmente, questo si riflette in questo Paese, a differenza forse di altri, in un risentimento che non prende di mira soltanto le multinazionali, ma il governo stesso. In un certo senso, è un elemento positivo perché dovrebbe essere indicatore di una maggiore capacità di analisi e di valutazione della situazione da parte dei sudafricani.







All the contents on this site are copyrighted ©.