Ha salvato le vite di molti profughi eritrei nel Sinai. La testimonianza dello Sheikh
Hassan Awwad
E’ grazie all’azione umanitaria di un autorevole esponente religioso egiziano che
sono stati salvati molti profughi eritrei rapiti tra il Sudan e la Penisola del Sinai.
Lo sceicco Hassan Awwad è in questi giorni in Italia, a Roma ospite della Comunità
di Sant’Egidio. FrancescaSabatinelli lo ha incontrato:
Ha 32 anni lo
sceicco egiziano MohammedAli Hassan Awwad, è salafita, e ha salvato
centinaia di persone, tutti quei disgraziati che in fuga sopratuttto dall’Eritrea
si affidano a trafficanti per attraversare il Sinai e approdare in Israele.
"La
cosa è iniziata nel 2007 e inizialmente si occupavano soltanto di portare gli immigrati
attraverso il Sinai, oltre il confine di Israele, per 200 dollari circa. Questa cosa
è durata circa due anni, dal 2007 al 2009. Erano tutti contenti: chi faceva il trasporto,
si prendeva i soldi; chi voleva arrivare, ci riusciva senza problemi. Poi alcuni di
quelli che si occupavano del trasporto hanno iniziato ad alzare i prezzi e gli africani
che dovevano passare non potevano pagare. Ed ecco che hanno iniziato a torturarli!
Con il tempo sono aumentate le richieste di denaro, 40 mila dollari a persona, e sono
aumentate le torture. L’unica cosa ad interessare i trafficanti è che le famiglie
dei trasportati, ovvero dei rapiti, paghino questa cifra. Non importa torturarli o
picchiarli, importante è avere la somma richiesta".
Lo sceicco testimonia
in questo modo che non tutti gli abitanti del Sinai sono trafficanti di morte, che
ci sono tribù come la sua che aiutano queste persone, collegate tra di loro pur di
salvare queste persone. La tribù dello sceicco Awwad è a pochi chilometri dal valico
di Rafah, che segna il confine con Israele. Cerca in tutti i modi, a costo della sua
vita, di portare in salvo i rifugiati. Il suo è un appello a tutti, all’Italia, perché
non faccia cadere l’attenzione, al governo egiziano, perché esca dall’immobilismo
e reagisca intervenendo contro i predoni, e all’Eritrea, perché salvi i suoi figli,
avvisandoli della sorte a cui vanno incontro una volta fuggiti dal paese.
"Come
ce ne siamo accorti? Ci siamo imbattuti in capanni, prigioni. Queste persone erano
ferite, le abbiamo portate dal medico, le abbiamo fatte curare e quindi abbiamo chiesto
loro: “Cosa vi è successo?”. Ci hanno risposto: “Sono stati i trafficanti, i nostri
rapitori”. Allora abbiamo chiesto: “Perché andate in Israele? Perché fuggite dal vostro
Paese?”. “Perché nel nostro Paese c’è una dittatura, il governo dittatoriale si comporta
male, ci costringe a fare un duro servizio militare…”.
Delle volte li
liberiamo dalle loro prigioni: queste persone sono tenute praticamente in capannoni
in mezzo al deserto, ma con un solo guardiano armato. A volte riescono a scappare,
magari mentre il guardiano sta dormendo, noi li incontriamo e li prendiamo con noi.
Non glieli ridiamo indietro quando ce li vengono a richiedere. Lo facciamo in nome
di Dio. Tutti possono fare qualcosa per aiutare le persone in difficoltà, i poveri,
ovunque!"
Difficile accertare quanti siano stati i morti in questi anni,
si parla di 4-5mila vittime nel Sinai, dal 2008 ad oggi, più gli scomparsi al confine
con Israele. C’è anche chi , dopo aver esaminato i corpi, ha ipotizzato un traffico
di organi. Ad occuparsi di queste persone una volta liberate è l’Ong Gandhi, AlganeshFesseha ne è la presidente è lei che chiamata dallo sceicco vola in Egitto:
R.
- Noi liberiamo queste persone. Lui o le trova per la strada oppure va nei capannoni,
dove sono legate, e riesce a liberarle. Poi arrivo io: mi chiama e mi dice “Alga,
ci sono tot persone che sono nella mia casa. Li tengo nascosti”. Allora io gli chiedo
di mandarmi le foto. A quel punto faccio preparare, dalle Nazioni Uniti, la “yellow
card” - il nullaosta - vado, li prelevo, li porto al Cairo e li consegno alle Nazioni
Unite. Spesso rimango a dormire con la tribù, e di notte vado a cercare queste persone
nel Sinai.
D. - Questi trafficanti sono solo egiziani? Ci sono organizzazioni
più vaste dietro alla loro azione?
R. – I primi a prendere queste persone sono
sudanesi, i Rashaida. Poi questi, dietro pagamento immediato, le vendono agli egiziani
che a loro volta vogliono essere pagati attraverso Western Union in Arabia Saudita,
in America… Allora io dico: questi soldi qualcuno li raccoglie!
D. - In che
condizioni trovate questi poveretti?
R. - Disastrose! La prima cosa che fa
lo sceicco è chiamare un medico e dar loro assistenza; sono pieni di ferite dovute
alle catene, alle bruciature; le ragazze sono state violentate e i ragazzi sodomizzati.
Abbiamo alcune ragazze che hanno gli organi femminili devastati, perché poi rimangono
incinte e le fanno partorire lì, in quella situazione, e i neonati muoiono. C’era
una ragazza di 17 anni che ha tentato di scappare: l’hanno presa e le hanno versato
l’acqua bollente con l’olio addosso, ha tutta la parte destra - il corpo, il braccio
- bruciata. Era nelle prigioni egiziane. Adesso è in Etiopia, l’abbiamo liberata!
Quando gli egiziani, i poliziotti, trovano questi fuggitivi li mettono in prigione
per immigrazione illegale, non hanno neanche l’assistenza medica in quelle condizioni
fisiche. La nostra azione si svolge in due modi. Il primo quando lo sceicco Mohammed
chiama oppure quando vado a trovarlo per fare queste ricerche di persone, per liberarle
e portarle al Cairo, affittando una macchina o un pulmino. Il secondo è quello di
farli rilasciare dalle prigioni normali, in Egitto, perché qui sono stati arrestati
per immigrazione illegale, poi li portiamo in Etiopia. L’unico Stato che ci accetta
come profughi politici e per ragioni umanitarie è l’Etiopia. Io ringrazio lo sceicco,
perché è riuscito a formare un gruppo veramente solido di persone che lo aiutano in
questa impresa, perché non è facile: gli hanno bruciato la macchina e gli hanno anche
sparato. Lui però appartiene a una delle famiglie più grandi, c’è rispetto da parte
degli altri e lo ascoltano. Lui, ogni venerdì, va nelle moschee a predicare e a chiedere
aiuto per queste persone. E’ ammirevole!