2013-05-20 07:21:22

Myanmar: liberati 20 prigioneri politici per la visita del presidente Sein negli Usa


Un riconoscimento del processo di riforme in senso democratico avviato in Myanmar. È il significato attributo dalla diplomazia internazionale alla storica visita che il presidente birmano, Thein Sein, tiene a Washington per incontrare il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. E per sottolineare l’impegno della presidenza di Sein, venerdì le autorità del Myanmar hanno concesso l'amnistia ad altri 20 detenuti politici. Restano tuttavia ancora molti passi da compiere nel percorso di pacificazione nazionale, come conferma, al microfono di Marco Guerra, Cecilia Brighi, responsabile del sito birmaniademocratica.it:RealAudioMP3

R. – Obama è andato in Birmania ad incontrare il presidente Thein Sein e Aung San Suu Kyi. Quella visita è stata incentrata soprattutto su due questioni fondamentali: primo, il processo di democratizzazione del Paese; secondo, il processo di pacificazione interna. Questi due elementi stanno andando avanti pur con grandi difficoltà, perché cambiare repentinamente il Paese, che è stato per oltre 50 anni sotto una violenta dittatura militare, non è cosa semplice. Ci sono, quindi, dei passi in avanti e ci sono una serie di altri grandi problemi: non è stata modificata, per esempio, la Costituzione. Aung San Suu Kyi quindi ad oggi non potrà candidarsi nel 2015 alla presidenza della Repubblica. Il nodo politico, dunque, più importante sarà il cambiamento della Costituzione e la disponibilità del governo e del presidente, soprattutto, a fare questo passo, per passare ad una situazione in cui tutte le norme democratiche fondamentali e lo Stato di diritto siano garantiti.

D. – Che ruolo può giocare Washington in questa regione?

R. – Gli Stati Uniti possono giocare un doppio ruolo. Il primo, di carattere politico, perché giusto due settimane fa è stato rilasciato un rapporto fatto dalle Camere americane, che condanna duramente la Birmania per le violazioni delle libertà religiose e chiede al governo americano di mantenere una serie di sanzioni economiche. Gli americani vogliono contare nei rapporti politici con la Birmania anche come contraltare alla forte influenza che la Cina ha avuto sulla Birmania fino ad oggi. Ovviamente cercano uno spazio geopolitico, ma anche economico in quell’area.

D. – Che interessi ruotano intorno al Myanmar?

R. – E’ un Paese di grandi ricchezze naturali e quindi si pensa che uno degli elementi centrali della crescita possa avvenire dal settore dell’energia e dal settore del gas e del petrolio. Poi ci sono una serie di altri settori importanti. La Birmania sta costruendo sette nuove zone industriali e ce ne sono già 24. Ci sono una serie di interessi importantissimi e su questo terreno, sia l’Unione Europea che gli Stati Uniti, hanno indicato quali dovrebbero essere le regole per far lavorare le imprese in questi settori: rispetto della libertà di organizzazione sindacale, diritti del lavoro, tutela ambientale.

D. – A che punto è il percorso verso la piena democrazia e la pacificazione nazionale?

R. – Come ho detto prima, un elemento importantissimo è l’eliminazione dei privilegi dei militari, che sono nominati per il 25 per cento in tutte le istituzioni. L’altro elemento della Costituzione è che si garantisca il federalismo, perché la Birmania è un Paese in cui ci sono vari Stati etnici. Ad oggi, mentre sono stati firmati importanti accordi di cessate-il-fuoco con i kareni, c’è un grosso conflitto nello Stato Kachin, a Nord della Birmania.

D. – Ci sono state anche forti tensioni religiose oltre che etniche, può parlarcene?

R. – Il problema della libertà religiosa è un problema che mina e minaccia i progressi politici verso la democrazia. Questa violenza – che dello Stato Kachin è rivolta nei confronti dei cristiani e nello Stato Arakan nei confronti dei musulmani - sta mettendo a ferro e fuoco alcune zone del Paese, in cui la questione religiosa è, al momento, molto scottante.








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