Libano: oltre un milione i rifugiati siriani. Il vescovo di Baalbek: servono aiuti
non armi
I profughi siriani che hanno trovato rifugio in Libano sono ormai più di un milione.
Lo rivela l'International Crisis Group (Icg), l'Organizzazione indipendente non governativa
impegnata nella soluzione dei conflitti. Il Libano, la cui popolazione supera di poco
i quattro milioni di abitanti, quanto sta soffrendo questa presenza così massiccia
dei rifugiati siriani? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a mons.Simon
Atallah, vescovo di Baalbek - Deir El-Ahmar dei Maroniti:
R. – C’è una
comunione con loro, una partecipazione alle loro ferite, a questa situazione oscura
che soffre il popolo siriano. Noi accogliamo questi siriani con molto cuore. Il guaio,
però, è che lo Stato non arriva ad organizzare nulla, soprattutto in questo periodo
in cui il governo stesso è in crisi, è dimissionario.
D. – Quindi, cosa succede
ai profughi che arrivano in Libano?
R. – C’è una confusione enorme. Si sparpagliano
in tutto il Paese, entrano ed escono quando vogliono, senza nessun controllo.
D.
– C’è quindi anche un problema di sicurezza...
R. – Un problema di sicurezza,
un problema di lavoro. Questa gente cerca lavoro. Purtroppo, i libanesi li prendono
pagandoli meno di un operaio libanese, per esempio. Anche nelle libere professioni,
come quella del medico, si creano cliniche e si comincia a lavorare senza licenza,
senza nulla. Questo è davvero un problema e crea una crisi economica al cittadino
libanese.
D. – Sappiamo anche che sono aumentati di molto i prezzi degli affitti
e c’è una escalation di delinquenza. Ci sono pregiudizi nei confronti dei siriani?
R.
– Molti, perché lei sa che i siriani hanno occupato il Libano per più di 30 anni e
si sono comportati male purtroppo. Persino il presidente siriano lo aveva confessato.
I libanesi, quindi, hanno maturato un sentimento ostile verso questo popolo e, ora
che si trova nei guai, il libanese si trova in imbarazzo. La sua morale dice che bisogna
accoglierli e l’esperienza che ha fatto è dura.
D. – In quanto Chiesa libanese,
voi cosa state organizzando per questi rifugiati?
R. – Noi, attraverso soprattutto
Caritas Libano, stiamo organizzandoci il più possibile per poterli soddisfare e venirgli
incontro nei bisogni. I bisogni però sono molto grandi e superano le possibilità della
Chiesa e dello Stato. Ci sono Stati che hanno promesso aiuti, ma fino adesso non c’è
nulla di chiaro e spesso sono promesse più che realtà.
D. – Vuole lanciare
un appello dai microfoni della Radio Vaticana?
R. – Noi siamo veramente grati
al Vaticano e all’Italia, perché tanti organismi italiani lavorano sul posto e rendono
molti servigi.
D. – Un appello invece per quegli Stati che ancora non stanno
inviando aiuti...
R. – Purtroppo, devo dire che mandano armi facilmente e per
quanto riguarda le cose vitali sono sempre in ritardo.