2013-05-14 08:15:50

Siria: la questione delle armi chimiche al centro del colloquio Obama-Cameron


La drammatica situazione in Siria è stata al centro dell’incontro, ieri alla Casa Bianca tra il presidente americano Obama e il premier britannico Cameron. A preoccupare i due leader, soprattutto l’utilizzo di armi non convenzionali. Dagli Stati Uniti, ci riferisce Elena Molinari:RealAudioMP3

Gli Stati Uniti continuano a indagare sull’uso di armi chimiche in Siria e “da quello dipenderanno i nostri prossimi passi”. Pur mantenendosi cauto su un possibile intervento in Siria, Barack Obama ha ieri ribadito la “linea rossa” che potrebbe cambiare la posizione Usa: l’uso di armi chimiche. Il presidente Usa ha anche concordato con il collega britannico sulla necessità di "aumentare la pressione" per giungere alla deposizione di Bashar Assad. Ben più esplicito il premier di Londra, che ha parlato di “prove sempre più concrete” sull’uso di armi chimiche da parte del regime siriano e non ha escluso azioni in riposta ciò che sta accadendo sul terreno. Ma Cameron vede “un’urgente finestra di opportunita” in Siria anche sul fronte diplomatico, e ha espresso soddisfazione per l’accordo tra Usa e Russia per rilanciare il processo negoziale di Ginevra. Ma Obama ha ricordato che “non è un segreto che tra la Russia e il Paesi occidentali del G8 resti una persistente diffidenza”.

Intanto in Siria si continua a morire; anche ieri combattimenti e vittime in tutto il Paese. Intanto cresce la tensione con la Turchia, dove l'attentato di sabato a Reyhanli, 48 morti, ha innescato la protesta della popolazione locale, contro le decine di migliaia di profughi e disertori siriani accolti dall'inizio della crisi. E anche sul fronte armi chimiche, Ankara sta giocando un ruolo di primo piano. Il servizio è di Marina Calculli:RealAudioMP3

La Turchia sostiene di avere in mano le prove dell'uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Alcuni test sui feriti giunti in Turchia avrebbero fornito ad Ankara la prova incontrovertibile di impiego di gas tossici. La morsa si stringe, dunque, sul rais siriano. Ankara intanto punta il dito contro un gruppo neomarxista turco come responsabile dell’attentato che pochi giorni fa ha ucciso a Reyhanli 46 persone. All’interno della Siria, un giornalista tedesco Armin Wertz è stato invece arrestato dalle forze di sicurezza dopo essere entrato illegalmente nel Paese, varcando la frontiere nord. Intanto l’intensità dei combattimenti tra esercito e ribelli non accenna a calare, mentre l’Europa avverte: tra pochi mesi la Comunità internazionale non potrà semplicemente più far fronte all’emergenza umanitaria, che ogni giorno diventa più insostenibile. Bruxelles ha annunciato un aiuto supplementare di 65 milioni di euro destinati ai rifugiati: la stessa cifra si è proposta di raccogliere anche la Croce Rossa internazionale, facendo appello ai suoi donatori.

E intanto la diplomazia internazionale sembra riuscita a sbloccare l’impasse sulla Siria. Si moltiplicano, infatti, gli incontri ad alto livello: venerdì il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, sarà a Mosca, dove incontrerà il ministro degli Esteri Lavrov; oggi, invece, sempre nella capitale russa, importante vertice tra il presidente Putin ed il premier israeliano Nethanyau. Benedetta Capelli ne ha parlato con Alberto Rosselli, analista dell’area:RealAudioMP3

R. – E’ un vertice importante. Israele confina con la Siria sul Golan e vede non bene questo stato di fibrillazione del Paese che può scatenare anche dei particolarismi locali in funzione anti-israeliana. Quindi, io credo che Putin parlerà con Netanyhau chiedendogli una sorta di riflessione, nella speranza che anche a fronte di eventuali provocazioni di gruppi siriani e anti-israeliani, Israele non reagisca in maniera eccesiva per difendere la propria sovranità nazionale e soprattutto gli insediamenti dei coloni, che stanno ai confini con la Siria nel nord di Israele.







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