Censis: aumentano servizi di assistenza familiare alla persona, urge riforma del welfare
Dall’artigianato all’industria dei servizi alla persona, è il salto di qualità che
deve compiere il welfare italiano soprattutto a sostegno delle famiglie. L’appello
emerge dalla ricerca presentata a Roma dal Censis e dalla Fondazione Ismu su incarico
del Ministero del lavoro. Oltre ai dati quantitativi relativi alla domanda di assistenza
e cura domestica e all’offerta, ancora prevalentemente basata sui lavoratori stranieri,
vi si traccia anche un utile modello previsionale del fabbisogno nei prossimi 20 anni.
Il servizio di Gabriella Ceraso:
E’ boom di collaboratori
domestici nelle case degli italiani: sono un milione e 665 mila, con un incremento
del 53% in dieci anni. E nel 2030, secondo la ricerca, ne serviranno almeno 500 mila
in più. Sempre più decisivi per la tenuta stessa delle famiglie e più integrati in
esse, i collaboratori alla cura della persona sono e saranno per lo più stranieri,
oggi il 77,3%, rumeni, ucraini e filippini in testa. Ma causa crisi, specie nel sud
Italia, si sta riversando nel settore un buon 36% di disoccupati, tuttavia meno professionali
e meno stabili. Le cause sono note spiega Giancarlo Blangiardo della Fondazione
Ismu:
“E’ chiaro che il cambiamento demografico, l’invecchiamento della
popolazione, il cambiamento delle stesse strutture familiari, e naturalmente una maggiore
abitudine a utilizzare questo tipo di servizio, creeranno una forte domanda aggiuntiva”.
Sul
fronte economico, le note più dolenti. La spesa mensile per un collaboratore è di
media di 700 euro e non c’è contributo pubblico, se non l’accompagno, per il 31,4%.
Il risultato è che con la crisi oltre la metà dei bilanci familiari non regge. Nel
15% è prevedibile che un componente lasci il lavoro per assistere un congiunto, nel
41,7% dei casi in famiglia si pensa anche a rinunciare al servizio. Una spirale perversa
cui corrisponde anche una forte destrutturazione del settore, per cui vale il fattore
fiducia, la competenza è scarsa e l’intermediazione è assente. E’ indispensabile,
dice il Censis, incrociare il "welfare familiare", con un intervento pubblico di organizzazione
e razionalizzazione dei servizi alla persona, basato sui vantaggi fiscali. Giuseppe
Roma, direttore del Censis:
“Noi ci troviamo un sistema complesso, che
nasce dalla spontaneità del ruolo che le famiglie hanno in Italia e che invece riteniamo
debba rientrare in qualcosa di più organizzato. Serve più formazione per i collaboratori
domestici e anche più attenzione alla intermediazione. E’ la strada del ‘voucher fiscale’:
cioè, il fatto di accompagnare questa spesa degli italiani che raggiunge complessivamente
i 20 miliardi l’anno. Si tratta di un enorme mercato che nei fatti non ha nessun tipo
di agevolazione fiscale: negli altri Paesi, a partire dalla Francia, le famiglie mettono
a disposizione le loro risorse, però lo Stato le sgrava quantomeno della componente
fiscale”.
E lo Stato, nel giro di due o tre anni, continua Giuseppe Roma,
andrebbe in pari rispetto a quello che le detrazioni fiscali potrebbero comportare
come perdita di gettito:
“Io penso che se noi riduciamo alcuni sprechi del
sistema pubblico e quelle risorse le mettiamo a scomputo della tassazione di quanto
le famiglie pagano, già da subito si potrebbero avere meno oneri per lo Stato di quanto
non si creda. Quindi, io penso che sia una cosa da fare nell’immediato”.