Cortile dei Gentili in Messico. Card. Ravasi: gettato nuovo seme di dialogo con i
non credenti
Il Messico ha ospitato nei giorni scorsi il primo “Cortile dei Gentili” extraeuropeo.
In un Paese, cattolico all’87% ma segnato da una forte impronta anticlericale, il
cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha
intavolato un confronto con il mondo culturale messicano sul rapporto tra "Laicità
e trascendenza". La risonanza registrata dall’iniziativa vaticana di dialogo con il
mondo dei non credenti è stata molto ampia. Le parole del porporato nel servizio di
Fabio Colagrande:
“E’ forse
stata la sorpresa principale del mio viaggio: la modalità dell’accoglienza, segnata
da un interesse e da un calore inattesi. Infatti, anche per me alle spalle c’era questa
conoscenza di un Paese che, pur avendo questa forte matrice cattolica – tradizionale,
anche – aveva però una laicità strutturale, affidata soprattutto alla politica ma
ormai affidata anche alla gestione stessa della società. Ebbene, ho dovuto cambiare
quasi completamente questa mia concezione, entrando nella realtà concreta”.
Tra
gli interventi più attesi di questa tappa latinoamericana del Cortile dei Gentili,
quello del cardinale Gianfranco Ravasi all’Università Unam di Città del Messico, luogo
fortemente caratterizzato dal punto di vista laico. Sentiamo com’è andata:
"Il
Cortile dei Gentili aveva due momenti: il primo era all’interno di un museo inaugurato
due anni fa, il Museo Soumaya. All’interno di questo spazio, si è svolto un Cortile
dei Gentili nel senso classico del termine, con interventi di personalità della cultura
messicana, credenti e non credenti. Poi, c’è stato il secondo momento, e questo è
stato forse – per me, l’ho detto anche a loro – l’esperienza più interessante. Un
filosofo molto apprezzato in tutta l’America Latina, che è stato anche preside della
facoltà di investigazioni filosofiche, il prof. Guillermo Hurtado, aveva già organizzato
in passato questi incontri all’interno dell’Università, tra credenti e non credenti.
Approfittando della mia presenza, ha voluto che io entrassi all’interno di questa
Facoltà e ha aperto l’invito a professori e a docenti di discipline diverse. Si sono
ritrovati in una trentina e abbiamo liberamente e a lungo discusso un pomeriggio intero
con una vivacità e soprattutto con la caratteristica propria del Cortile dei Gentili,
che è quella secondo la quale le tesi devono essere argomentate, devono essere approfondite
e dall’altra parte subito hanno una interlocuzione. E devo dire che credenti e non
credenti di discipline diverse hanno condotto un confronto estremamente serrato, in
alcuni punti anche teso, perfino, appassionato. Ma soprattutto – e questo per me è
il valore principale – hanno dato l’avvio con il desiderio di estendere ad altri colleghi
ad un Cortile dei Gentili permanente, che durerà continuamente e che avrà ogni periodo,
forse ogni mese, un incontro tematico i cui risultati poi verranno comunicati anche
a livello scientifico o a livello popolare".
Hanno avuto una eco particolare
le affermazioni fatte dal cardinale Ravasi in Messico, a proposito della collusione
tra mafia e pseudo-religiosità, che riprendono temi già toccati in altri Cortili dei
Gentili in Italia:
"Come avviene in Italia, che molto spesso il capo mafioso
abbia la sua cappella privata con la presenza di un crocifisso, di una Bibbia, di
una Madonna, di Padre Pio e così via – oppure la criminalità organizzata che partecipa
a certe processioni mettendo su di esse un sigillo – anche là esiste questo problema.
Solo che là, data la potenza assoluta che ha il narcotraffico – giunto ormai in alcuni
casi a essere una sorta di governo alternativo, di potere alternativo che ramifica
i suoi percorsi anche nell’ambito della politica con la corruzione – si è costituita
questa forma di culto propria, che è quella della santa muerte,
laddove con un rituale molto complesso al centro c’è proprio uno scheletro: c’è la
mortalità, la morte vista come l’elemento di culto e di incubo al tempo stesso, sul
quale si gioca un po’ la spiritualità di un popolo. Ed è per questo che il mio intervento
è stato molto duro, distinguendo tra l’autentica fede – che è invece una fede nella
vita, in tutte le religioni il Dio è il vivente per eccellenza, il principio della
creazione – e questo che è esattamente l’antipodo, nonostante sia rivestito di manto
religioso. Ed è per questo che io ho usato questo termine che ha creato molta impressione
nella stampa messicana e non solo: è un’esperienza in realtà blasfema. Non è un elemento
religioso: è un elemento, invece, di negazione dell’autentica religiosità".