Giornata mondiale di preghiera per la pace in Siria. Autobomba in Turchia: 40 morti
La crisi in Siria rischia sempre più di allargarsi: una terza esplosione ha scosso
nel pomeriggio Reyhanli, la città del sud della Turchia al confine con la Siria teatro
oggi di un duplice attentato con autobomba, che ha causato almeno 40 morti e 100 feriti.
Il governo turco sospetta che dietro gli attacchi, avvenuti in una zona calda sul
fronte della guerra siriana, ci sia la mano del regime di Damasco. Ma non si esclude
tuttavia un’azione di frange del PKK, ribelli separatisti curdi, contrari all’accordo
di pace con Ankara. Oggi, intanto si celebra la Giornata mondiale di preghiera delle
Chiese cristiane per la pace in Siria. Un momento di forte unità di tutte le comunità
cristiane presenti in questa terra, che si mobilitano insieme pregando secondo quattro
intenzioni: il ritorno della pace, la liberazione di tutti gli ostaggi, il sostegno
ai bambini traumatizzati dalla guerra e gli aiuti umanitari per i profughi. La Giornata
è stata battezzata “la preghiera del cuore spezzato”. Salvatore Sabatino ne
ha parlato con padre Ghassan Sahoui, gesuita libanese che vive a Homs, una
delle città più colpite dalla guerra:
R. – In tutte
le chiese si sono organizzate preghiere per far crescere la nostra consapevolezza
di essere cristiani e per capire meglio la nostra vocazione in questa crisi, in questo
dramma davvero brutale; sentiamo la nostra incapacità di risolvere i problemi e quindi
non ci rimane altro che chiedere a Dio, che è nostro Creatore e che ci ha dato la
pace, di darci questo dono: di cambiare i cuori.
D. – E’ la prima volta che
tutte le comunità cristiane insieme prendono una tale iniziativa comune nel Paese:
un segnale, questo, importantissimo di unità …
R. – Un passo che dà la gioia
di vedere finalmente che noi cristiani siamo uniti nella preghiera, che è un dovere
e una grazia allo stesso tempo, chiedere a nome nostro e a nome di tutti i siriani,
certamente uniti con tutti i cristiani del mondo e tutti quelli che davvero amano
la Siria, per pregare e chiedere a Dio la misericordia e la pace per questo Paese
martoriato.
D. – Il Patriarca Gregorios III Laham ieri ha detto: “I cristiani
in Siria non sono una Chiesa o una minoranza da difendere, ma un elemento costitutivo
del popolo siriano”. Quindi, proprio all’interno del tessuto di questo Paese …
R.
– La Chiesa è davvero nata a Gerusalemme, ma poco a poco e subito si è diffusa in
tutta la regione, e i cristiani sono stati chiamati come tali ad Antiochia e Antiochia
faceva parte della Siria, ora fa parte della Turchia … Siamo qui, quindi, fin dall’inizio
della cristianità e questa è la nostra terra. Siamo radicati in questa terra, e sentiamo
anche che è la nostra missione fare da ponte tra le fazioni in guerra che purtroppo
non riescono a mettersi d’accordo o dialogare. E solo Dio può dare questa grazia:
cambiare i cuori e le menti, per trovare finalmente una soluzione pacifica in dialogo,
senza armi, senza questa logica della violenza che distrugge non solo il Paese, ma
l’uomo come tale.
D. – Una sua personale speranza, per il futuro della Siria...
R.
– Malgrado tutto, noi speriamo – io spero, in modo davvero personale – che questa
crisi finisca, che la pace ritorni nei cuori di tutti i cittadini siriani, ma che
si instauri un dialogo davvero fruttuoso e sincero tra le parti, e che la Siria torni
a trovare la sua vocazione di un ponte di pace, di elemento di stabilità nella regione
e nel mondo.
D. – In questa speranza siete supportati da Papa Francesco che
molte volte ha lanciato appelli per la pace in Siria …
R. – Sì, grazie a Dio,
sentiamo la sua vicinanza a noi, davvero. E rendiamo grazie a Dio per lui e per la
sua preghiera; sappiamo che è un uomo delle sorprese, ci fa sempre belle sorprese.
E quindi, noi speriamo davvero che ci sia un’iniziativa annunciata da lui, dal Vaticano.