Domani saranno Santi i martiri d'Otranto e due religiose, una messicana e la prima
in Colombia
Gli 813 martiri di Otranto, uccisi dai Turchi alla fine del Quattrocento, e due religiose,
una delle quali si appresta a divenire la prima Santa colombiana. Sono i Beati che
domani mattina, alle 9.30, Papa Francesco canonizzerà durante una solenne celebrazione
eucaristica in Piazza San Pietro. Le storie dei prossimi Santi nel servizio di
Alessandro De Carolis:
Un eccidio nell’eccidio
è quello che si consuma a metà dell’agosto 1480 ed è una pagina di dramma e di gloria
per la storia cristiana. Le armate turche di Gedik Ahmet Pascià, che da fine luglio
hanno occupato il litorale di Otranto, l’11 agosto riescono ad abbattere l’ultimo
diaframma della resistenza. Un torrente di 20 mila soldati supera le mura e irrompe
fin sulla cittadella dove i superstiti sono asserragliati. Quello che le cronache
riportano di lì in poi è la storia di un crudele massacro, che non risparmia nemmeno
il gruppo rifugiatosi nella cattedrale. Gli armigeri turchi impongono di abiurare
la fede, l’arcivescovo Stefano Pendinelli esorta tutti ad affidarsi a Dio finché un
colpo di scimitarra lo riduce al silenzio. Ma non è finita. Il 14 agosto, 813 uomini
fra coloro che si erano opposti alla conversione dell’islam vengono trasportati sul
Colle della Minerva. Di nuovo la richiesta: o l’abiura o la morte. Nessuno tentenna
e il loro capo, Antonio Pezzulla detto il “Primaldo” è il primo a essere decapitato,
con le famiglie costrette ad assistere al martirio. Una storia limpida di coraggio
e di fede che arriva diritta al cuore dei cristiani di oggi, come ricorda l'arcivescovo
di Otranto, mons.Donato Negro:
“Il messaggio, allora è chiaro:
proprio in un contesto multivaloriale, in una società liquida e dal pensiero debole,
in cui il senso del vivere risiede in un materialismo piatto, i martiri ci annunciano
il bisogno di scelte forti, ci testimoniano la fede e ci dicono di svegliarci dalla
sonnolenza di una fede timida e gracile ed essere protagonisti di una fede viva, matura,
missionaria, che raggiunge soprattutto l’uomo nelle sue periferie”.
Avere
per padre un uomo che sacrifica la vita per la sua fede è già una testimonianza che
può forgiare un’anima, specie di una figlia. Ma dove il Vangelo innestato dalla famiglia
in Maria Laura Montoya y Upegui germoglia in modo luminoso è sulle vette della Cordigliera,
tra gli indios colombiani, esseri che considerano se stessi animali rispetto all’uomo
bianco che li discrimina. Quella è però un’abiezione che Maria non tollera e diventata
maestra, e decisa a consacrarsi a Dio, con sua madre e quattro compagne parte per
le foreste. È il 4 maggio 1914 e quelle sei donne a cavallo, al seguito di Madre Laura,
destinata a essere la prima Santa della Colombia, sono il primo nucleo della Congregazione
delle Suore Missionarie della Vergine Immacolata, oggi diffuse in 21 nazioni di tre
continenti. La vicepostulatrice e vicaria generale, suor Lia Zuluaga:
“Sono
partite come maestre degli indigeni: quello era il desiderio di Madre Laura. Il suo
cuore ardeva per l’Eucaristia a tal punto che un giorno, durante una adorazione, ha
detto al Signore una di quelle cose che dicono i Santi: ‘Non voglio più vederti nell’Eucaristia
se non ti fai vedere dagli indigeni!’. Quell’espressione è tipica soltanto di una
persona decisa a dare tutto per gli indigeni, prima di tutto ad insegnare loro a vivere
come persone umane e figli di Dio”.
Una storia di fede e amore disinteressato
in nome di Gesù è anche quella di María Guadalupe García Zavala. A 22 anni entra i
contatto con i malati che cura il suo confessore, padre Cipriano. Quando la ragazza
gli comunica di volersi consacrare, quella esperienza di servizio diventa il suo campo
d’azione apostolica. Madre Lupita, come viene chiamata, è un angelo degli infermi
nel Messico della prima metà del Novecento, dove avere fede è qualcosa che può costare
la vita e le suore sono costrette a girare in abiti civili e le case religiose devono
essere camuffate magari proprio in ospedali. Lo sa bene l’arcivescovo di Guadalajara,
Francisco Orozco y Jiménez, che tra le mura dell’ospedale oftalmico “S. José” viene
nascosto per un anno e mezzo da Madre Lupita così da strapparlo dalla persecuzione,
dopo che altre famiglie cattoliche si erano rifiutate per timore di rappresaglie.
Madre Lupita si spegne nel 1963: una donna che racconta che la santità non è una nicchia
vecchia e polverosa, ma una strada che illumina anche i nostri giorni.