2013-05-11 14:00:03

Domani saranno Santi i martiri d'Otranto e due religiose, una messicana e la prima in Colombia


Gli 813 martiri di Otranto, uccisi dai Turchi alla fine del Quattrocento, e due religiose, una delle quali si appresta a divenire la prima Santa colombiana. Sono i Beati che domani mattina, alle 9.30, Papa Francesco canonizzerà durante una solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro. Le storie dei prossimi Santi nel servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Un eccidio nell’eccidio è quello che si consuma a metà dell’agosto 1480 ed è una pagina di dramma e di gloria per la storia cristiana. Le armate turche di Gedik Ahmet Pascià, che da fine luglio hanno occupato il litorale di Otranto, l’11 agosto riescono ad abbattere l’ultimo diaframma della resistenza. Un torrente di 20 mila soldati supera le mura e irrompe fin sulla cittadella dove i superstiti sono asserragliati. Quello che le cronache riportano di lì in poi è la storia di un crudele massacro, che non risparmia nemmeno il gruppo rifugiatosi nella cattedrale. Gli armigeri turchi impongono di abiurare la fede, l’arcivescovo Stefano Pendinelli esorta tutti ad affidarsi a Dio finché un colpo di scimitarra lo riduce al silenzio. Ma non è finita. Il 14 agosto, 813 uomini fra coloro che si erano opposti alla conversione dell’islam vengono trasportati sul Colle della Minerva. Di nuovo la richiesta: o l’abiura o la morte. Nessuno tentenna e il loro capo, Antonio Pezzulla detto il “Primaldo” è il primo a essere decapitato, con le famiglie costrette ad assistere al martirio. Una storia limpida di coraggio e di fede che arriva diritta al cuore dei cristiani di oggi, come ricorda l'arcivescovo di Otranto, mons. Donato Negro:

“Il messaggio, allora è chiaro: proprio in un contesto multivaloriale, in una società liquida e dal pensiero debole, in cui il senso del vivere risiede in un materialismo piatto, i martiri ci annunciano il bisogno di scelte forti, ci testimoniano la fede e ci dicono di svegliarci dalla sonnolenza di una fede timida e gracile ed essere protagonisti di una fede viva, matura, missionaria, che raggiunge soprattutto l’uomo nelle sue periferie”.

Avere per padre un uomo che sacrifica la vita per la sua fede è già una testimonianza che può forgiare un’anima, specie di una figlia. Ma dove il Vangelo innestato dalla famiglia in Maria Laura Montoya y Upegui germoglia in modo luminoso è sulle vette della Cordigliera, tra gli indios colombiani, esseri che considerano se stessi animali rispetto all’uomo bianco che li discrimina. Quella è però un’abiezione che Maria non tollera e diventata maestra, e decisa a consacrarsi a Dio, con sua madre e quattro compagne parte per le foreste. È il 4 maggio 1914 e quelle sei donne a cavallo, al seguito di Madre Laura, destinata a essere la prima Santa della Colombia, sono il primo nucleo della Congregazione delle Suore Missionarie della Vergine Immacolata, oggi diffuse in 21 nazioni di tre continenti. La vicepostulatrice e vicaria generale, suor Lia Zuluaga:

“Sono partite come maestre degli indigeni: quello era il desiderio di Madre Laura. Il suo cuore ardeva per l’Eucaristia a tal punto che un giorno, durante una adorazione, ha detto al Signore una di quelle cose che dicono i Santi: ‘Non voglio più vederti nell’Eucaristia se non ti fai vedere dagli indigeni!’. Quell’espressione è tipica soltanto di una persona decisa a dare tutto per gli indigeni, prima di tutto ad insegnare loro a vivere come persone umane e figli di Dio”.

Una storia di fede e amore disinteressato in nome di Gesù è anche quella di María Guadalupe García Zavala. A 22 anni entra i contatto con i malati che cura il suo confessore, padre Cipriano. Quando la ragazza gli comunica di volersi consacrare, quella esperienza di servizio diventa il suo campo d’azione apostolica. Madre Lupita, come viene chiamata, è un angelo degli infermi nel Messico della prima metà del Novecento, dove avere fede è qualcosa che può costare la vita e le suore sono costrette a girare in abiti civili e le case religiose devono essere camuffate magari proprio in ospedali. Lo sa bene l’arcivescovo di Guadalajara, Francisco Orozco y Jiménez, che tra le mura dell’ospedale oftalmico “S. José” viene nascosto per un anno e mezzo da Madre Lupita così da strapparlo dalla persecuzione, dopo che altre famiglie cattoliche si erano rifiutate per timore di rappresaglie. Madre Lupita si spegne nel 1963: una donna che racconta che la santità non è una nicchia vecchia e polverosa, ma una strada che illumina anche i nostri giorni.







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