"Bambini senza sbarre": sms per aiutare i minori che visitano i genitori in carcere
“Non un mio crimine, ma una mia condanna” è il titolo della campagna di sensibilizzazione
sulla condizione dei circa 100 mila bambini in Italia, che visitano i genitori in
carcere, promossa dall’Associazione “Bambini senza sbarre”. Fino all’11 maggio sarà
possibile inviare messaggi solidali al numero 45507. Con il ricavato, sarà esteso
negli istituti penitenziari il modello di accoglienza “Spazio giallo”, di cui parla
Lia Sacerdote, presidente dell’Associazione, nell’intervista di Elisa Sartarelli:
R. – Il modello
di accoglienza “Spazio giallo” è diventato un modello negli anni, dopo averlo sperimentato
prima a San Vittore, poi nel carcere di Bollate e quest’anno nel carcere di Opera.
È stato esteso anche a Piacenza e Modena, poi ci sono altre realtà che si stanno collegando
con noi. Il progetto consiste in questo: estendere questo sistema anche nelle altre
carceri italiane.
D. – Lo “Spazio giallo” è quindi lo spazio all’interno del
quale si muovono i bambini dentro al carcere...
R. – Sì, esatto. Loro entrano,
fanno un certo percorso e poi arrivano ad aspettare nello “Spazio giallo”, dove disegnano,
leggono, c’è una piccola biblioteca, ci sono dei giochi per i più piccoli. Ci sono
persone preparate – giovani psicologhe o pedagogiste – che accolgono anche i loro
silenzi. Questi bambini non hanno bisogno di grandi cose, hanno bisogno di spazi che
riescano ad “accoglierli”. Con questa parola noi intendiamo di aver in qualche modo
lavorato con il carcere, con gli operatori penitenziari – gli agenti di polizia penitenziaria
– che li accolgono, consapevoli che il loro ruolo non è solo quello di aprire e chiudere,
ma di essere degli educatori loro malgrado. Questa è una consapevolezza che sta crescendo.
A Bollate abbiamo potuto fare proprio il percorso dall’entrata al luogo dove si svolge
il colloquio: all’inizio c’è una mappa con cui loro riescono ad orientarsi – sanno
che il percorso è quello – poi c’è lo “Spazio giallo”, poi avviene una perquisizione.
Sanno quello che li aspetta.
D. – Come funziona il messaggio solidale per aiutare
questo progetto?
R. – Il numero “magico” è 45507, che ci permette di estendere
questa esperienza degli “Spazi gialli” in altre carceri italiane.
D. – I figli
di detenuti sono esposti al rischio di discriminazione ed esclusione sociale. Come
si può rendere meno traumatica e punitiva per un bambino la detenzione di un genitore?
R.
– Sarebbe molto importante che la società esterna non li facesse sentire così diversi.
Questi bambini vivono con un segreto, perché hanno capito – anche se nessuno glielo
dice chiaramente – che è meglio che non lo dicano e noi dovremmo essere in grado di
farglielo dire. Questo vuol dire che la società è cambiata.
D. – In passato,
avete proposto la prima petizione al parlamento europeo sull’impatto della detenzione
dei genitori sui figli, per aumentare le ore di incontro ed incrementare la formazione
degli operatori penitenziari. Quali frutti ha dato?
R. – In Italia, devo dire
che questo ha avuto delle conseguenze positive: l’amministrazione penitenziaria è
molto sensibile a questo tema. Noi in Lombardia, insieme all’amministrazione penitenziaria,
abbiamo organizzato e stiamo tuttora portando avanti un programma di sensibilizzazione
per gli operatori penitenziari, che dà grandi risultati perché sono persone comunque
molto attente. Credo che lavorando, avendo gli strumenti e anche strumenti finanziari
per poter fare questi progetti, le cose possano cambiare. La persona detenuta ha fatto
una cosa sbagliata, però non dobbiamo identificarla con il reato: e per un bambino,
il proprio papà è un papà che ha fatto una cosa sbagliata ma non è un papà cattivo.
Ecco, questo è un contenuto molto difficile da accogliere, ma è decisivo per cambiare
la mentalità. Noi stiamo vedendo che facciamo fatica a raccogliere fondi, perché ci
rendiamo conto che il tema “carcere” è un tema che allontana. Quindi, è importante
che invece avvicini, perché fa parte della nostra società.