Papa Francesco alle religiose: non si può vivere con Gesù senza amare la Chiesa
Il Papa, prima dell'udienza generale, ha ricevuto nell’Aula Paolo VI le religiose
partecipanti all’Assemblea plenaria dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali
(Uisg) dicendosi contento di incontrarle e ringraziandole per quanto fanno “affinché
la vita consacrata sia sempre una luce nel cammino della Chiesa”. Il Papa ha ringraziato
innanzitutto “il caro fratello cardinale João Braz de Aviz”, per le parole che gli
ha rivolto. “Il tema del vostro Convegno – ha detto - mi pare particolarmente importante
per il compito che vi è stato affidato: ‘Il servizio dell’autorità secondo il Vangelo’.
Alla luce di questa espressione vorrei proporvi tre semplici pensieri, che lascio
al vostro approfondimento personale e comunitario”.
“Gesù, nell’Ultima Cena
– ha sottolineato - si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto
me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti,
che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo
nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi
stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà
di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono
più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi
in un cammino di adorazione e di servizio. Un esodo che ci porta ad un cammino di
adorazione al Signore e di servizio al Signore nei fratelli e nelle sorelle. Adorare
e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre
insieme. Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo
è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità. Vivete e richiamate sempre la centralità
di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata. Aiutate le vostre comunità
a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso
i tre cardini della vostra esistenza”.
Il Papa ha parlato dell’obbedienza “come
ascolto della volontà di Dio, nella mozione interiore dello Spirito Santo autenticata
dalla Chiesa, accettando che l’obbedienza passi anche attraverso le mediazioni umane.
Ricordate – ha proseguito - che il rapporto autorità-obbedienza si colloca nel contesto
più ampio del ministero della Chiesa e ne costituisce una particolare attuazione della
sua funzione mediatrice (cfr Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le
Società di Vita Apostolica, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, 12). La povertà
come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo che insegna a confidare
nella Provvidenza di Dio. Povertà come indicazione a tutta la Chiesa che non siamo
noi a costruire il Regno di Dio, non sono i mezzi umani che lo fanno crescere, ma
è primariamente la potenza, la grazia del Signore, che opera attraverso la nostra
debolezza. «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella
debolezza». Povertà che insegna la solidarietà, la condivisione e la carità, e che
si esprime anche in una sobrietà e gioia dell’essenziale, per mettere in guardia dagli
idoli materiali che offuscano il senso autentico della vita”. “Povertà che si impara
con gli umili, i poveri, gli ammalati e – ha aggiunto a braccio - tutti quelli che
sono nelle periferie esistenziali della vita. La povertà teorica non ci serve, non
ci serve, quella si impara toccando la carne di Cristo povero negli umili, nei poveri,
negli ammalati, nei bambini…”. “E poi – ha aggiunto - la castità come carisma prezioso,
che allarga la libertà del dono a Dio e agli altri, con la tenerezza, la misericordia,
la vicinanza di Cristo. La castità per il Regno dei Cieli mostra come l’affettività
ha il suo posto nella libertà matura e diventa un segno del mondo futuro, per far
risplendere sempre il primato di Dio. Ma, per favore, una castità ‘feconda’, una castità
che genera figli spirituali nella Chiesa. La consacrata è madre, deve essere madre
e non ‘zitella’!”. “Scusatemi” – ha aggiunto ancora a braccio – “ma è importante questa
maternità della vita consacrata, questa fecondità. Questa gioia della fecondità spirituale
animi la vostra esistenza; siate madri, come figura di Maria Madre e della Chiesa
Madre. Non si può capire Maria senza la sua maternità; non si può capire la Chiesa
senza la sua maternità. E voi siete icona di Maria e della Chiesa”.
“Un secondo
elemento che vorrei sottolineare nell’esercizio dell’autorità – ha osservato - è il
servizio: non dobbiamo mai dimenticare che il vero potere, a qualunque livello, è
il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. Benedetto XVI, con grande
sapienza, ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l’uomo spesso autorità è
sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio autorità e sempre sinonimo
di servizio, di umiltà, di amore; vuol dire entrare nella logica di Gesù che si china
a lavare i piedi agli Apostoli (cfr Angelus, 29 gennaio 2012), e che dice ai suoi
discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse… Tra voi
non sarà così; proprio il motto della vostra assemblea: tra voi non sarà così… ma
chi vuole essere grande tra voi, sarà il vostro servitore e chi vuole essere il primo
tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27)”. “Pensiamo al danno – ha aggiunto - che
arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori,
che ‘usano’ il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle – quelli che dovrebbero
servire -, come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali. Ma questi
fanno un danno grande alla Chiesa!”.
Di qui la sua esortazione: “Sappiate sempre
esercitare l’autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando; abbracciando
tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie
esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce: lì si colloca
qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore si fa servo fino al dono
totale di sé”.
Infine, il Papa ha toccato il tema dell’ecclesialità “come una
delle dimensioni costitutive della vita consacrata, dimensione che deve essere costantemente
ripresa e approfondita nella vita”. “La vostra vocazione – ha detto - è un carisma
fondamentale per il cammino della Chiesa, e non è possibile che una consacrata e un
consacrato non “sentano” con la Chiesa. Un “sentire” con la Chiesa, che ci ha generato
nel Battesimo; un “sentire” con la Chiesa che trova una sua espressione filiale nella
fedeltà al Magistero, nella comunione con i Pastori e il Successore di Pietro, Vescovo
di Roma, segno visibile dell’unità. L’annuncio e la testimonianza del Vangelo, per
ogni cristiano, non sono mai un atto isolato” - questo è importante – ha sottolineato:
“L’annuncio e la testimonianza del Vangelo, per ogni cristiano, non sono mai un atto
isolato o di gruppo, e qualunque evangelizzatore non agisce” - come ricordava Paolo
VI - «in forza di un’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa
e in nome di essa» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80)”. E proseguiva Paolo VI: “è
una dicotomia assurda pensare di vivere con Gesù senza la Chiesa, di seguire Gesù
al di fuori della Chiesa, di amare Gesù senza amare la Chiesa (cfr ibid., 16). Sentite
la responsabilità che avete di curare la formazione dei vostri Istituti nella sana
dottrina della Chiesa, nell’amore alla Chiesa e nello spirito ecclesiale. Insomma,
centralità di Cristo e del suo Vangelo, autorità come servizio di amore, “sentire”
in e con la Madre Chiesa: tre indicazioni che desidero lasciarvi, a cui unisco ancora
una volta la mia gratitudine per la vostra opera non sempre facile. Che cosa sarebbe
la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di
madre!”.
Il Papa ha concluso: “Care sorelle, siate certe che vi seguo con affetto.
Io prego per voi, ma anche voi pregate per me. Salutate le vostre comunità da parte
mia, soprattutto le sorelle ammalate e le giovani. A tutte va il mio incoraggiamento
a seguire con parresia e con gioia il Vangelo di Cristo. Siate gioiose, perché è bello
seguire Gesù, è bello diventare icona vivente della Madonna e della nostra Santa Madre
Chiesa gerarchica. Grazie!”.