2013-05-07 14:49:11

Conferenza a Londra sulla Somalia. Mons. Bertin: servono più aiuti umanitari


Il futuro della Somalia al centro della seconda Conferenza internazionale, aperta oggi a Londra - la prima si è svolta lo scorso anno - per dare sostegno ad un Paese martoriato da oltre 20 anni di conflitto civile, anarchia, povertà e fame. Oltre 50 le delegazioni presenti. Roberta Gisotti ha intervistato mons. Giorgio Bertin, nunzio apostolico della Somalia e vescovo di Mogadiscio, residente per motivi di sicurezza a Gibuti:RealAudioMP3

Tante le speranze per la Somalia dopo le elezioni nel settembre scorso del presidente Hassan Sheikh Mohamud e la formazione di un governo federale, riconosciuto dalla comunità internazionale. Proseguono, tuttavia, gli attentati terroristici dei ribelli islamici Shabaab, legati ad al Qaeda. Gli osservatori evidenziano aspetti positivi su cui costruire il futuro democratico della Somalia e aspetti ancora oscuri da valutare a Londra. Mons. Bertin:

R. – L’ombra più importante è costituita da questa opposizione armata e dal concetto di federalismo che probabilmente o non è chiaro oppure trova difficoltà ad essere messo in pratica. Rimangono dei punti da studiare meglio, in questa occasione, per potere dare una risposta più appropriata alla situazione attuale della Somalia.

D. – Anche negli ultimi giorni ci sono stati attacchi terroristici: come potrà il governo in carica, il presidente attuale, fronteggiare questa situazione?

R. – Quello che ho notato durante i miei due recenti viaggi del mese di aprile a Mogadiscio è, appunto, questa situazione delle istituzioni nuove, riconosciute ed accettate dalla comunità internazionale ma che sul posto ancora stentano ad essere riconosciute, ad essere accettate, probabilmente anche perché i somali si sono abituati da 22 anni a vivere senza istituzioni statali. Allora direi che questa difficoltà è ben presente. La questione degli attacchi di questi ultimi due mesi è una riprova della difficoltà oggettiva che le nuove istituzioni, che il nuovo Stato deve affrontare. Io spesso dico che è un inizio tutto in salita per le nuove istituzioni, e allora io non dispererei. Mi dispiace per quelli che hanno perso la vita e che perderanno ancora la vita per questa opposizione che c’è, però è questo il cammino da proseguire.

D. – Può essere importante in questo momento sostenere con aiuti umanitari la Somalia, dove la popolazione – oltre ad aver vissuto, appunto, oltre 20 anni di anarchia – ha sofferto molte crisi di carestia?

R. – Sì! Certamente l’azione umanitaria è assolutamente necessaria, anche perché le nuove istituzioni, il nuovo governo incominciano con le "tasche vuote". Il consiglio che io darei è quello di cercare di favorire le istituzioni governative a prendere esse stesse in mano qualche azione a carattere sociale, perché per il momento ci sono diverse agenzie dell’Onu, organizzazioni umanitarie internazionali, Ong locali che operano per dare tutta la risposta al dramma umanitario. Ecco, quello che io mi aspetterei è che la comunità internazionale sostenga e incoraggi il governo a prendere in mano anche lui qualche azione umanitaria, pur sapendo che la priorità è quella della sicurezza.







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