2013-05-04 15:30:58

Cresce l'occupazione negli Usa e da Bruxelles si chiede meno rigore


Dopo i dati positivi sull’occupazione negli Stati Uniti, l’Europa conferma un trend negativo su crescita e lavoro, ma arrivano segnali di allentamento del rigore. La Commissione Europea ha infatti concesso due anni in più a Francia e Spagna per portare il deficit sotto il 3%, mentre Olanda e Slovenia potrebbero ottenere un anno aggiuntivo. Il commissario europeo all’economia, Olli Rehn, sottolinea che la crisi, da finanziaria, si è trasformata soprattutto in crisi del lavoro e spiega che “bisogna fare tutto il possibile” per uscirne. Fausta Speranza ha intervistato il prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma:RealAudioMP3

R. - La Commissione europea e la Bce si stanno spostando da un approccio di rigore, che ha creato molti danni in questi ultimi anni, ad una politica più simile a quella della Federal Reserve americana, che - come sappiamo - ha deciso che, in questo momento, l’inflazione non è un problema ed ha messo al centro una politica piuttosto aggressiva di lotta alla disoccupazione attraverso un aumento dell’offerta di moneta. Questo è forse quello che dovremmo fare. Purtroppo stiamo andando molto lentamente.

D. - Però è una tappa, un segnale…

R. - Senz’altro! Però bisogna sperare che tutto questo proceda più velocemente, perché intanto in Europa la disoccupazione sta aumentando. L’effetto negativo del rigore è evidente ed ha prodotto un crollo della domanda interna e quindi un rallentamento della crescita ed una recessione non solo nei Paesi del Sud Europa, ma persino nei Paesi del Nord Europa. Tutto questo invece di migliorare gli indicatori di bilancio del rapporto debito–Pil, li ha peggiorati, proprio perché la riduzione del denominatore ha finito per vanificare anche quel tentativo di riduzione di spesa che doveva ridurre il debito.

D. - C’è stata euforia sulle Borse europee per i dati migliori della disoccupazione negli Stati Uniti. Ma ci possono essere effetti positivi a breve anche in Europa?

R. - Penso che l’euforia dipenda dal fatto che gli operatori scommettono sull’ipotesi che prima o poi la Banca centrale europea - l’Europa - vada nella direzione degli Stati Uniti, e quindi assuma delle politiche più coraggiose e più aggressive, proprio perché le politiche macroeconomiche americane stanno avendo effetti positivi sia sulla crescita che sulla riduzione della disoccupazione. La speranza è questa.

D. - Ci si chiede se Francia e Spagna siano state, in questo momento, aiutate soprattutto perché la Francia è un colosso dell’Unione Europea. È così oppure è dipeso dal momento?

R. - Le politiche dipendono un po' anche dal livello del debito. Per esempio in Italia è un po’ più alto, siamo oltre il 130%, mentre Francia e Spagna sono vicine al 100%. Non sono differenze enormi, però sono differenze che possono contare e che possono determinare anche una differenza di approccio. Alcune volte però, è chiaro che queste differenze di approccio dipendono anche dal peso politico dei Paesi. Si tratta quindi di un insieme di fattori. È importante che il nuovo governo italiano sia andato subito a Bruxelles per cercare, appunto, di negoziare una condizione diversa di rientro dalla crisi.

D. – Ma, in definitiva, la Francia viene trattata diversamente da come è stata tratta la Grecia fino a qui, o no?

R. - Tutte e due le cose. Da una parte sicuramente i fondamentali della Francia sono di gran lunga migliori, quindi avere più indulgenza nei suoi confronti ha senso anche da un punto di vista economico. Dall’altra parte, è chiaro, che conta il peso politico del Paese.

D. - Come favorire la crescita e nello stesso tempo però tutelare almeno alcuni elementi basici del welfare europeo?

R. - La Banca centrale europea dovrebbe stampare molta più moneta, non semplicemente per darla alle banche per rifinanziarsi - perché poi sappiamo che le banche in questo momento hanno grandi problemi di bilancio e quindi userebbero queste risorse per ricostruire le proprie riserve e comunque non possono estendere molto i prestiti – ma invece bisogna iniettare moneta direttamente nel sistema. Questo farebbe ripartire la domanda, farebbe ripartire la crescita e poi darebbe risorse al welfare. La strada di esagerare con il rigore è stata sconfessata in Italia ad esempio sia da evidenze empiriche, sia dalla storia recente dei dati del nostro Pil, che quest’anno ha perso quattro punti percentuali grazie al crollo della domanda interna. Quindi questo tipo di politica si è rivelata molto inefficace, sia per far ripartire la crescita, sia per rimettere a posto il rapporto tra debito e Pil.







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