Nord Corea: condannato a 15 anni di lager un cristiano americano
La Corte Suprema della Corea del Nord ha condannato ieri a 15 anni di lavori forzati
il cittadino statunitense Kenneth Bae - identificato dalle autorità del regime con
il nome coreano Pae Jun-ho - con l'accusa di "aver commesso crimini contro lo Stato".
Lo ha riferito l'agenzia ufficiale del governo, la Kcna, che non spiega quali siano
questi crimini. Bae, un operatore turistico coreano, ma con cittadinanza americana,
era stato arrestato a novembre mentre si trovava insieme a cinque turisti che erano
entrati in Corea del Nord attraverso il porto nord-orientale di Rajin. Secondo il
quotidiano sudcoreano Kookmin Ilbo, le autorità di Pyongyang hanno rinvenuto "informazioni
sensibili" nell'hard disk del computer di uno dei membri del gruppo. Ma Bae è anche
definito da alcune fonti un "devoto cristiano" che, nei suoi viaggi al Nord, ha portato
avanti un'opera missionaria che potrebbe aver attirato l'attenzione delle autorità
e provocato l'arresto e la condanna. In Corea del Nord non esiste libertà religiosa
e i fedeli sono all'ultimo posto nella scala gerarchica della società. La sentenza
è la più dura mai emessa dalle autorità giudiziarie del Nord contro un cittadino straniero.
Di solito ai lavori forzati vengono condannati i colpevoli di omicidio, stupro o rapina,
oppure i fedeli di qualche religione che non si piegano al controllo e all'ateismo
di Stato. Secondo alcuni analisti, questa decisione dimostra la "disperazione" del
regime, guidato dal giovane Kim Jong-un, che sta cercando di tornare al tavolo dei
colloqui con la comunità internazionale dopo l'escalation di tensione degli ultimi
mesi. Le minacce, la chiusura della zona intercoreana di Kaesong e lo spostamento
di missili sulla costa orientale - in grado di colpire Stati Uniti e Giappone - hanno
isolato ancora di più il Paese, che ha perso anche l'appoggio della Cina. Lo scorso
29 aprile gli Usa avevano chiesto al regime di Pyongyang "l'immediato rilascio" di
Bae, senza ottenere risposta. Per il Korea Herald, questo caso somiglia a quello delle
due giornaliste americane arrestate nel 2009, condannate a 12 anni di lavori forzati
e poi liberate grazie all'intervento della Clinton (allora Segretario di Stato Usa),
che in cambio consentì a riprendere l'invio di aiuti umanitari. (R.P.)