Allarme aviaria in Cina: il parere del virologo Pregliasco
In Cina, il bilancio dei morti per dell'influenza aviaria H7N9 è salito a 27 con il
decesso di un uomo nella provincia dell'Hunan. Finora, sono oltre 120 le persone a
cui è stato diagnosticato il virus. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, da parte
sua, ha sottolineato che finora non c'è alcuna prova di una trasmissione da uomo a
uomo, anche se ha ammesso che l'H7N9 è uno dei “più letali” che si siano mai visti.
Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università
degli Studi di Milano:
R. - Questa
volta siamo più preparati a un’emergenza da non sottovalutare. Se ne sta parlando
poco perché l’aspetto mediatico delle altre emergenze che si sono succedute negli
anni hanno creato difficoltà e anche ingiustificate problematiche di conoscenza e
di sottovalutazione. Attualmente la Cina sta collaborando e - direi - dobbiamo vedere
in positivo la capacità dei laboratori internazionali di individuare e circoscrivere
dei "fuochi" - purtroppo tristi, perché ci sono stati dei decessi - ma evidenziare
la capacità di individuare una potenzialità di rischio che, grazie a questa velocità
di individuazione, riusciremo a contenere come un "fuocherello", che se bloccato all’inizio
non diventa l’incendio che devasta un bosco, una collina…
D. - C’è un altro
allarme dell’Oms per un nuovo virus simile alla Sars, che negli ultimi giorni ha ucciso
cinque persone in Arabia Saudita. Cosa dire su questo caso?
R. - Sono tanti
i virus. La guerra virus-uomo è proprio una guerra "a guardie e ladri": nuove varianti,
con nuovi virus che vengono individuati e che - come sempre - hanno una certa capacità
diffusiva. Ribadisco però la capacità di aver individuato questi episodi, di averli
ricondotti ad una unicità di problema e grazie a questo la possibilità di intervenire
nell’immediatezza. Quindi, bisogna parlarne per far sì che sia alta l’attenzione e
l’esperienza in un certo senso organizzativa dell’Oms e delle istituzioni; oggi c’è
e deve esserci un coordinamento a livello internazionale.
D. - Professore
non è la prima volta che viene lanciato un allarme importante - pensiamo ai precedenti
sull’aviaria, sulla mucca pazza, sulla stessa Sars - non crede che ci sia un po’ troppo
allarmismo in questo campo?
R. - La comunicazione è diffusa; non si può fare
censura, perché non si riuscirebbe; non è facile equilibrare il livello di informazione
e soprattutto ribadire l’incertezza che c’è nella ricerca. Quelle emergenze che ci
sono state nel passato, in qualche modo, hanno un’insorgenza che nell’immediatezza
sembrava più pesante di quanto poi non sia stato. Tutto questo diventa difficile per
i decisori politici. Prendiamo, ad esempio, i casi di Bush e Obama: Bush è stato contestato
con Katrina, perché non c’era un’organizzazione; Obama è stato contestato perché in
un ultimo uragano, che poi non è stato così pesante, si è detto che abbia sprecato
risorse e organizzazioni... Quindi i decisori hanno sempre una difficoltà e sono sotto
processo, che a posteriori poi si può fare, ma che nell’immediatezza è difficile.
Io credo che bisogna prepararsi: quindi emergenze ci sono, a volte i media esasperano
magari l’emergenza perché fa più notizia e poi se "l’apocalisse" non c’è, ce ne si
dispiace...