2013-05-01 09:19:36

La precarietà del lavoro non deve essere normalità: così mons. Bregantini nel giorno dedicato ai lavoratori


Tante le iniziative anche in Italia per la Festa del 1° Maggio. Come da tradizione ieri mattina il presidente della Repubblica Napolitano, ha deposto una corona di fiori davanti al monumento romano che ricorda i caduti sul lavoro e ribadito che la ricorrenza odierna deve essere in primo luogo il giorno dell’impegno per l’occupazione. Un forte appello è arrivato dal ministro del Welfare Giovannini e dai presidenti di Senato e Camera: “l’emergenza lavoro – ha detto la Boldrini– trasforma le vittime in carnefici. Servono risposte concrete e tempestive”. A Perugia si è svolta la manifestazione nazionale con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Una questione scottante quella del lavoro, che preoccupa molto anche la Chiesa. Antonella Palermo ne ha parlato con mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano. RealAudioMP3

R. - Credo che dalla base stanno nascendo una serie di iniziative, di proposte che la politica - sollecitata dai drammi sociali - diventerà più capace di cogliere. L’umiltà in questo momento mi pare che sia un tono che la politica sta avendo: non più pensare di saper tutto, ma chiedere alla gente una serie di consigli partecipativi. C’è questa voglia di ascolto e per il 1° maggio è una riflessione propositiva.

D. - Il premier Enrico Letta al suo discorso programmatico ha detto che il lavoro è la priorità del nuovo governo. Ci sono effettivamente i propositi per lavorare bene nel prossimo futuro?

R. - Io credo di sì. Sono molto fiduciosi, i volti sono nuovi, la svolta di consapevolezza è matura e siamo davanti ad una nuova fase che ci rende più responsabili e anche più operativi.

D. - Letta ha detto: “Ampliamo gli incentivi fiscali a chi investe in innovazione, garantiamo il pagamento alle imprese e diamo più opportunità ai giovani”…

R. - Sono proposte molto sagge. Bisogna fare per questi propositi una scaletta operativa, propositiva che credo vada appoggiata anche dalla base, cioè un po’ da tutti noi. Questo è il punto nodale: fare in modo che queste proposte non restino accademiche, ma siano operative.

D. - Partendo proprio dai giovani…

R. - Certo. Innanzitutto, dare a loro la consapevolezza di essere molto guardati, ascoltati, capiti, quindi accompagnati. Cada quell’immagine di fatalismo che ha accompagnato questi mesi recenti, dove la precarietà ormai è vista come una normale condizione. Personalmente partirei dal mondo rurale, perché si dà a loro la possibilità di rendere le aziende capaci di intraprendere; le aziende che intervengono producono cose indispensabili. Seconda cosa: il mondo rurale conserva un territorio ed il territorio conserva l’ambiente che si fa fonte di turismo. I giovani stanno riscoprendo queste esperienze. Poi le cose che ha detto Letta riguardanti il pagamento delle imprese, il sostegno, le banche meno rigide e più solidali, più progettuali e soprattutto l’atteggiamento culturale: la banca deve sentire questo mondo nuovo che sta nascendo con fatica e che l’ambiente possa diventare il primo valore, le tante “Ilva” da risanare potrebbero essere veramente un’immagine di futuro. Anche sostenere la rete delle cooperative: in Italia in questo momento le zone che hanno più cooperative - anche se piccole - reggono, perché sono a rete. Gli immigrati sono una grande risorsa, non dobbiamo vederli come concorrenziali ma come imprenditori. Chiudo con l’idea di due proposte finali: favorire il lavoro nel pianeta carcere - sia interno che esterno - ed il lavoro dei docenti nelle scuole a tempo pieno e nelle scuole medie.

D. - Quando ha appreso la notizia della sparatoria davanti Palazzo Chigi, cosa ha pensato?

R. - Mi ha particolarmente colpito perché la persona che ha aperto il fuoco viene da Rosarno, terra segnata da grandi drammi sociali e dall’insidia potentissima della mafia…

D. - Che lei conosce bene…

R. - Certo. Bisogna che la politica - specialmente certe frange - usino con saggezza certi atteggiamenti, altrimenti la gente si esaspera. Per cui: accompagnare il disagio dei giovani, ma anche dei cinquantenni che stanno perdendo il lavoro e che non si devono sentire soli; tanto meno gli imprenditori che rischiano il suicidio. Ci aiuti San Giuseppe che ha dato dignità al lavoro di Gesù, che ha dato e reso santo il sudore dell’operaio. Sono queste immagini bellissime che ci hanno formato e che possono essere di grande valore anche ora.

Ultimo aggiornamento: 2 maggio







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