2013-04-30 16:25:31

Italia, povertà in crescita. "Actionaid": istituzioni rendano trasparenti i rapporti con i cittadini


L’11% delle famiglie italiane, corrispondenti a otto milioni di persone è in condizione di povertà relativa, mentre il 5%, pari a quasi tre milioni di persone, è ormai povera invece in termini assoluti. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat delineano un quadro brutale, impietoso dello scenario del malessere sociale italiano. E’ di questi temi che si è discusso nel corso della recente Conferenza organizzata a Roma da “Actionaid”, organizzazione umanitaria da sempre impegnata nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale, in collaborazione con l’Associazione della Stampa romana e col parlamento europeo. Gea Finelli ha chiesto a Marco De Ponte, segretario generale di Actionaid, qual sia la ricetta da loro proposta per fronteggiare questa situazione:RealAudioMP3

R. – E’ una crisi che va inquadrata nell’ambito europeo e i dati dimostrano che esistono situazioni di sempre maggiore approfondimento, allargamento, delle situazioni di povertà. Le persone che entrano ed escono da situazioni di disagio sociale sono di più e stanno in queste situazioni per periodi più lunghi. La ricetta di Actionaid è molto semplice: noi riteniamo che non ci sia soluzione veramente profonda se non si garantisca una rinnovata "accountability" tra le istituzioni e i cittadini.

D. – Voi usate questo termine sconosciuto a molti “accountability”: qual è il suo significato?

R. – E’ un termine inglese, ormai usato internazionalmente, e letteralmente vuol dire la capacità di dare conto: cioè, implica il pianificare le cose da fare, pianificarle insieme, attraverso una partecipazione e poi dar conto dei risultati ottenuti e non ottenuti per eventualmente riprogrammare. E’ un concetto che comprende tutta quella che dovrebbe essere la dinamica tra istituzioni e cittadini, sia a livello micro, nel villaggio, sia a livello nazionale tra Paesi e anche istituzioni nazionali.

D. – In pratica, le istituzioni devono diventare la "casa degli ultimi", citando le parole della presidente della Camera, Laura Boldrini?

R. – E’ un auspicio, perché poi diventino la casa degli ultimi. Perché poi diventino la casa degli ultimi bisogna che gli ultimi abbiano voce, bisogna che siano ascoltati, che siano essi parte del processo decisionale e che possano esprimere le loro esigenze e che poi possano chiederne conto ai decisori politici.

Ma quale ruolo possono svolgere i media nella campagna contro la povertà? Gea Finelli lo ha domadato a Paolo Butturini, segretario dell’Associazione stampa romana:

R. – Innanzitutto, i media hanno un ruolo fondamentale in una società democratica, soprattutto in una società globalizzata come la nostra dove il flusso di informazioni è enorme. Proprio perché è enorme, è necessario che i media abbiano contezza del loro ruolo. Il ruolo che possono svolgere è quello di raccontare con chiarezza, con incisività e con sintesi la realtà e restituirla ai cittadini in modo tale che i cittadini si rendano conto di ciò che li circonda.

D. – I media però spesso sono accusati di eccessivo allarmismo, un allarmismo che provoca uno stato maggiore di ansia nella società…

R. – Sono accusati di allarmismo in relazione al fatto che spesso fanno del sensazionalismo rispetto all’informazione. Qui, infatti, si tratta di spiegazione dei dati, di approfondimento, di racconto anche delle vicende, non soltanto di notizia sensazionale che fa scalpore. Dire che ci sono sei milioni di poveri, quattro milioni di poveri in Italia fa scalpore. Spiegare quali sono i meccanismi attraverso i quali queste povertà si consolidano, si ampliano, e come si può, quali sono le ricette per combattere questi meccanismi, questo toglie il sensazionalismo e riporta l’informazione al suo ruolo fondamentale di accompagnamento democratico.







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