2013-04-29 16:04:07

40 anni fa la morte di Maritain, maestro nell'arte di pensare, vivere e pregare


E’ considerato uno dei massimi esponenti del tomismo nel XX secolo, molto apprezzato da Paolo VI e autore dell’opera “Umanesimo integrale”. A 40 anni dalla morte del filosofo francese Jacques Maritain, viene ricordata l’attualità del suo pensiero. Nato il 18 novembre 1882 e morto il 28 aprile del 1973, a segnare la sua vita la profonda relazione con la moglie Raissa con la quale si converte al cattolicesimo nel 1906. Maritain si appassiona a San Tommaso e alla fine della sua vita entrerà nella comunità religiosa dei Piccoli Fratelli di Gesù. Debora Donnini ha intervistato Giovanni Grandi, presidente del Centro studi Jacques Maritain:RealAudioMP3

R. – O tutto ruota attorno a se stessi, con una serie di problemi a cascata, di ordine relazionale e sociale, oppure la vita riesce a ruotare attorno a un altro fuoco, che in senso teologico potremmo dire senz’altro la relazione con Dio, ma in senso più ampio è la relazione con l’altro. Maritain guardava una modalità di vita aperta al dono di sé: è la grande alternativa all’autoreferenzialità. Quindi, questo è il suo umanesimo fondamentalmente: un umanesimo delle relazioni.

D. – Lui parte dal tomismo: partendo da questa concezione che si basa sull’esistenza della Verità –e quindi, in un certo senso, questo è già un contrasto forte al relativismo – come passa ad applicare questo alle relazioni umane?

R. – Maritain sostiene che non c’è tolleranza tra sistemi filosofici, cioè tra prospettive e visioni d’insieme, ma il rapporto vero è quello che si realizza tra le persone. Quindi, persone che hanno visioni teoriche diverse e anche appartenenze culturali diverse, non devono tanto cercare di creare una sintesi tra le loro visioni, ma piuttosto cercare quella che lui chiamava la “human fellowship” – una cordiale amicizia – nel confrontarsi, nel dialogare, nel portare delle ragioni. In altre parole, lavorando tutti per la verità, ma puntando a creare buone reazioni fra le persone.

D. – Invece, per quanto riguarda, per esempio, le relazioni affettive che è un tema oggi molto attuale, quale era il suo pensiero in questo senso?

R. – Maritain ha scritto anche a proposito delle relazioni affettive, ma soprattutto ha vissuto un rapporto molto bello, sponsale con Raissa: Raissa leggeva tutte le opere di Maritain prima che fossero pubblicate. Scriveva “Imprimatur” proprio sulla prima pagina se le andavano bene e se non andavano bene chiedeva a Jacques di rivederle. Dovremmo ricordare una coppia, cioè due persone che nella loro reazione di sposi, hanno elaborato un pensiero, vivendo una bella vita affettiva, particolare anche per la loro vocazione, ma riuscendo a tradurre questa complementarietà tra l’uomo e la donna in un pensiero e poi anche in forme pratiche dell’accoglienza nella casa di Meudon, dove vivevano, e quindi nelle grandi amicizie che hanno saputo coltivare insieme.

D. – Per Maritain, amare è anche saper soffrire insieme…

R. – Questo lo dice anche dal punto di vista biografico, perché Raissa è stata spesso malata, poi ha superato alcune malattie ed è morta molto, molto prima di Jacques. Saper soffrire insieme per Jacques significava saper affrontare quello che nella vita di ogni giorno accade, riuscendo però a riportarlo anche all’interno della vita di preghiera e della vita di relazione.

D. – Nel suo pensiero Maritain, parlando dell’umanesimo integrale, vuole contrapporsi e trovare una via diversa rispetto all’individualismo, quindi al liberalismo da una parte e dall’altra rispetto al marxismo, ma anche rispetto a ciò che viene prima storicamente e alla modernità…

R. – Questa centralità del soggetto forse è stata la cifra che Maritain ha cercato di studiare e di ripensare, senza cadere nell’altro opposto: senza cadere cioè nell’opposto che lui ha contestato a tutti i totalitarismi, ma poi in particolare anche al marxismo, che è quello di dissolvere la particolarità della persona, le sue esigenze, la sua irripetibilità all’interno di una dimensione del noi, in cui non ci sono più le differenze. Ha cercato di cogliere, invece, cosa ci rende tutti uguali, pur nella irripetibilità delle storie di ciascuno. All’indomani della morte, Paolo VI ha ricordato Maritain con una frase molto bella: lo ha definito “maestro nell’arte di pensare, di vivere e di pregare”. Maritain è stato un uomo di pensiero e insieme anche un uomo di preghiera. Proprio questi due aspetti hanno fatto sì che diventasse un maestro nella vita: non c’è vita autentica se non è impastata di preghiera e di pensiero insieme. Questo credo sia un messaggio molto, molto interessante che Maritain, da laico, ha lasciato anche nel tempo del dopo-Concilio. Sicuramente, l’ermeneutica che - potremmo dire - ha sviluppato Maritain, anche nel Concilio, anche ne “Le paysan de la Garonne” - testo molto discusso - è molto vicino a quella che ci ha suggerito, in tempi più recenti, Benedetto XVI: un’ermeneutica della continuità.

Alla chiusura del Concilio Vaticano II, Paolo VI consegnò proprio a Jacques Maritain, in rappresentanza degli intellettuali, il suo Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza. Ma quale è l’attualità del pensatore cattolico francese, del suo umanesimo? Debora Donnini lo ha chiesto al prof. Piero Viotto, già docente di Pedagogia presso l’Università Cattolica di Milano ed esperto di Maritain:

R. – E’ chiaro che la posizione di Maritain da “Umanesimo integrale”, che è l’opera più nota, fino a “Il contadino della Garonna” è superare l’opposizione tra liberalismo e socialismo, indicando una terza via, che è il personalismo. Quindi, il punto di riferimento della relazione sociale non è il singolo individuo con i suoi interessi o la società attraverso lo Stato, ma è la persona umana. Secondo Maritain, tutto questo va riportato alla filosofia di San Tommaso, perché è nella tradizione di Aristotele, di Tommaso, che si pone l’uomo al centro delle relazioni sociali.

D. – Che ruolo ha in questo senso il cristianesimo, secondo Maritain?

R. – Ha un ruolo fondamentale, perché l’uomo non è destinato soltanto a migliorare questo mondo, ma è destinato alla contemplazione di Dio. Non dimentichiamo che Maritain è morto Piccolo Fratello di Gesù, a Tolosa. Quindi il fine della vita non è produrre beni di consumo, ma è contemplare la bellezza, la verità, le relazioni fraterne. In questo senso, il cristianesimo è un elemento determinante. Anzi, lui precisa che senza il cristianesimo l’umanità sarebbe perduta e si raccorda a De Lubac quando parla del dramma dell’umanesimo ateo. Sia De Lubac sia Maritain infatti mettono in evidenza questo fatto: se mettiamo da parte Dio, l’uomo rimane solo con se stesso e muore.

D. – Questa concezione di Maritain, l’umanesimo integrale, lui la applica anche a quelle che sono le relazioni umane personali?

R. – Evidentemente Maritain ha discusso tutto questo con sua moglie. E’ un pensiero comune. Non soltanto lo applica a se stesso e scrive un bellissimo libro “Amore ed Amicizia”, ma soprattutto giunge a fare una filosofia di queste cose, affermando che non bisogna tarare tutto sul sapere o tutto sul conoscere. La filosofia antica era legata al sapere, all’oggettività della verità, la filosofia moderna è legata alla soggettività della conoscenza, Maritain fa l’operazione di riunire tutte queste cose.








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