2013-04-26 14:52:35

Siria: appello Ue per i vescovi rapiti. Londra accusa Damasco di uso di armi chimiche


Preoccupazione è stata espressa ieri dall’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, per la sorte dei due vescovi ortodossi rapiti in Siria alcuni giorni fa. La Ashton ha chiesto la loro liberazione e si è detta “costernata” perché i leader religiosi stanno diventando degli obiettivi sensibili. Intanto, è salito a 1,4 milioni il numero dei profughi siriani, stando all’ultimo dato Onu. Nella comunità internazionale cresce poi il fronte dei Paesi – l’ultimo la Gran Bretagna – che si dicono convinti dell’impiego di armi chimiche in Siria. Questo convincimento può cambiare le sorti del conflitto? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo:RealAudioMP3

R. – La questione delle armi chimiche è una questione che ripetutamente viene tirata fuori e viene presentata come la “linea rossa” per cui è opportuno che la comunità internazionale intervenga. Sinceramente, a mio avviso, è una mossa puramente propagandistica perché non è che una persona uccisa da un colpo di artiglieria o da un bombardamento aereo sia meno grave di una persona uccisa da un’arma chimica. L’arma chimica però, nell’immaginario collettivo, mette più paura. La guerra, a quello che si dice, ha già prodotto 70-80 mila vittime, più alcuni milioni di sfollati, quindi la tragedia c’è. Ma non dimentichiamo che le armi chimiche sono state usate proprio dai Paesi che più stanno protestando per questo eventuale uso. Israele è uno di questi e non ha neppure ratificato la Convenzione sulle armi chimiche. Le hanno usate anche gli Stati Uniti. Io credo che tutto questo dibattito, questa sollecitazione relativa alle armi chimiche, sia in realtà un tentativo per intervenire militarmente al fianco degli insorti. Se certamente la Siria è un alleato dell’Iran, le forze che la stanno combattendo sono però forze composite in cui ci sono forze di tipo laico, più legate a una rivolta di tipo democratico, e ci sono anche forze ben addestrate, ben armate, ben finanziate, sostenute da un’ideologia di tipo integralista islamico.

D. – Secondo lei, siamo a un passo da quella “linea rossa” evocata più volte dagli Stati Uniti?

R. – Potrebbe essere. Gli Stati Uniti, da quello che risulta, sono molto cauti anche nel dire che siano state usate armi chimiche. Evidentemente, un intervento della comunità internazionale rischia di aprire in quel territorio un tipo di conflitto di cui non possiamo sapere quali potrebbero essere le possibili evoluzioni. E’ un conflitto molto più complesso di come viene presentato, cioè dei “buoni contro cattivi”. E’ un conflitto interno ma anche un conflitto internazionale, nel quale giocano interessi di Israele che intende evitare una penetrazione dell’influenza iraniana nell’area siriana-libanese e così via. La potenzialità di un intervento internazionale, armato e diretto, non è che risolverebbe assolutamente i problemi, anzi. Rischieremmo che questa “linea rossa”, se fosse travalicata, potrebbe effettivamente deflagrare in un conflitto molto più vasto nell’intera zona.

D. – Sarebbero state raccolte prove da alcuni medici siriani per l’impiego proprio nel conflitto siriano del "Sarin"…

R. – Che l’esercito siriano abbia questo tipo di arma, che è un gas nervino, si sapeva. Mi piace sempre ricordare però che l’arma chimica non è un’arma molto comoda da utilizzare, anzi è un’arma pure pericolosa per le stesse truppe che la usano, perché trasportandola in una situazione di conflitto diffuso sul territorio si rischia anche che queste armi possano cadere in mano agli avversari o che si provochi un bombardamento e una fuga di questo gas all’interno delle stesse truppe che la usano. Per cui, non è certo un’arma risolutiva che si può usare per un conflitto.

Ultimo aggiornamento: 27 aprile







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