Anziani vittime di truffe, un'emergenza silenziosa
Un’emergenza silenziosa. Parliamo del crescente fenomeno delle truffe ai danni degli
anziani. Sono sempre di più infatti i casi di chi spacciandosi per assistente sociale,
inviato del parroco, controllore di gas e luce o persona bisognosa di aiuto si introduce
nelle case di pensionati per svaligiarle. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Anziani sempre
più nel mirino delle truffe. Complici l’isolamento nelle grandi città e la vulnerabilità
propria della terza età. La rapina tradizionale sembra interessare meno la criminalità:
i sistemi di allarme e vidoeosorveglianza nelle banche sono ormai sempre più sofisticati
e nei supermercati si paga ormai prevalentemente con carte di credito o bancomat.
Meno rischioso introdursi in casa di un over 70, luogo in cui spesso è conservata
l’intera pensione in contanti, magari spacciandosi per un controllore del gas o una
persona di fiducia del parroco. Il danno nella vittima non è solo materiale, soprattutto
psicologico. Lo conferma il sociologo Maurizio Fiasco, docente delle forze
di Polizia statali:
R. - Spesso viene compromessa la vita, la vita quotidiana
delle persone anziane, e la qualità della loro vita va a picco perché vivono il dopo
truffa con forte pena e solitudine, riducendo ulteriormente i rapporti con le persone
significative, già assai scarsi nelle grandi città.
Perdita di autostima e
sfiducia nel prossimo, inducono spesso chi subisce la truffa a non denunciarla. E
tutto cade nel silenzio.
R. - E’ un’emergenza silenziosa, dimenticata, gli
anziani non reclamano a differenza di altre categorie e di conseguenza il loro problema
non diventa una priorità. La mancanza di statistiche documenta l’assenza di un’attenzione
verso questo obiettivo importantissimo.
Imperdonabile la disattenzione istituzionale.
R.
- Non si può dare questa indicazione: “non aprite la porta a nessuno, diffidate”.
Perché così si rovina la vita delle persone anziane. Le istituzioni - polizia, carabinieri,
polizia municipale - devono invece mettersi in una posizione attiva, prendere l’iniziativa
di contattare gli anziani, di andarli a conoscere nei luoghi dove vivono, costruire
una rete di collaborazione per prevenire la criminalità ai danni degli anziani. In
questa rete di collaborazione ci stanno molto bene gli assistenti sociali, ci sta
bene tutta la rete comunitaria delle parrocchie, ci sta bene il vicinato, ci sta bene
l’associazione dei commercianti, cioè tutte le figure significative di un piccolo
spazio dove si abita, in modo da rendere conoscibili i segni che precedono un reato
ad un anziano. Il reato non cade mai a freddo è sempre preparato ma nessuno si accorge
di questa preparazione, nessuno sostiene la persona vittima sia durante il fatto sia
dopo il fatto.
D. – Questo vale più di qualsiasi forma di autotutela che un
anziano può mettere in atto…
R. – Ma, poverino, non si autotutelerà mai! Perché
ha bisogno di comunicare ha un bisogno di parlare… Non è che il truffatore si presenta
come tale, si presenta con la maschera della persona affabile, gentile, premurosa;
deve entrare nella casa dell’anziano e quindi deve costruire una sceneggiatura. Non
solo gli anziani ma persone adulte e giovani potrebbero cadere in questa trappola.
Il consiglio “chiuditi in casa, diffida”, cade nel vuoto perché il bisogno di relazione,
di comunicazione, è superiore alla paura. Bisogna, ripeto, inserire l’anziano dentro
una rete sociale, comunitaria, di pubblica sicurezza, di protezione. Deve essere una
vera priorità. La priorità non deve ottenerla chi strilla di più, la priorità va data
in funzione del danno che la delinquenza fa ai cittadini. Per questo danno sono previste
tra l’altro pene molto blande, perché per una truffa al massimo si rischiano tre anni,
non si procede se non viene denunciata… E’ una dimenticanza che va al più presto presa
in considerazione.