Perugia: al via la VII edizione del Festival internazionale del giornalismo
Giunto alla settima edizione, si è aperto l’"International Journalism Festival Perugia".
Fino a domenica 28, il consueto appuntamento dedicato all’informazione offre tavole
rotonde, incontri, workshop, interviste e svariati eventi, tutti gratuiti e
aperti a chiunque. Numerosi gli ospiti italiani e non, tra loro giornalisti, direttori
di testate, docenti universitari e studiosi. Tra gli interventi attesi, quelli di
Emily Bell – per anni alla guida del settore digitale del The Guardian – Harper Reed,
che racconterà il ruolo svolto in veste di "chief technology officer" della campagna
presidenziale di rielezione di Barack Obama, poi, per la prima volta in Italia, Yoani
Sanchez, la scrittrice cubana autrice di un importante blog "Generacion Y". Creatrice
e direttrice del Festival è AriannaCiccone, alla quale FrancescaSabatinelli ha chiesto cosa stia emergendo dal Festival:
R. – Emerge
la necessità assoluta, totale, profonda, di discutere, di impegnarsi a confrontarsi
per cercare di capire dove sta andando il giornalismo, questo stato di crisi è evidente
in tutti i Paesi, se parliamo di sistema di produzione giornalistica. Poi, le caratteristiche
che assume in Italia sono ovviamente tipiche del Paese, però la crisi è una crisi
che riguarda tutti perché – ripeto – è una crisi di sistema, è una crisi della "business
news industry", come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi.
D. – Che cambiamento
ha visto in questi sette anni per quanto riguarda la partecipazione del pubblico?
R.
– Quello che mi ha colpito moltissimo è il target dei giovani. Sono ragazzi molto
preparati, parlano almeno due lingue, frequentano il mondo, è una nuova generazione.
Questa è una generazione europea, non italiana. Ci vorrebbe un Paese degno di questa
generazione e l’Italia non lo è. Attualmente non lo è.
D. – Questo anche per
ciò che riguarda il mestiere del giornalista, un mondo che in Italia dovrebbe aprirsi
senz’altro di più ai giovani…
R. – Anche quello, le aperture del mondo giornalistico,
anche come occasioni formative verso i giovani, sono veramente molto limitate. Ci
si limita all’offerta delle scuole di giornalismo, che tra l’altro sono costosissime,
sono molto elitarie e fanno molta selezione. Quindi, sicuramente il momento formativo
in Italia è molto debole.
La piazza di Perugia offre un importante confronto
tra giornalismo italiano e internazionale. Si tratta di un momento per valutare in
modo costruttivo “vizi e virtù” della professione in Italia. FrancescaSabatinelli
ha intervistato GianpietroMazzoleni, professore ordinario di Comunicazione
politica all’Università di Milano:
R. – A questo
Festival parteciperanno anche molti colleghi da tutte le parti del mondo. Mi fa piacere
vedere quanti giornalisti italiani partecipano: c’è uno scambio, un confronto… Vediamo
modelli che vengono applicati altrove, che magari non sono mitici però sono migliori
dei nostri.
D. – Secondo lei, a che punto siamo con il giornalismo italiano?
Spesso si parla di quanto ci si dimentichi di ciò che non è italiano, di ciò che non
è politica... Di come lo sguardo sulla politica estera o sul sociale sia cieco…
R.
– Sono parzialmente d’accordo: si tratta di un giudizio che potrebbe essere applicato
anche al giornalismo di altri Paesi. Il focus nazionale, diciamo anche un po’ etnocentrico,
è abbastanza diffuso ovunque: qualsiasi cosa capiti nel proprio Paese, è ovviamente
più interessante per i giornalisti raccontarla, commentarla, analizzarla per i propri
lettori. Quello che capita fuori dai confini, invece, dev’essere proprio fonte di
meraviglia, di stupore e anche di preoccupazione per poterne parlare. Quindi, diciamo
che il giornalismo italiano è in buona compagnia…
D. – Del giornalismo italiano,
però, si è anche sottolineata molto spesso l’assenza di libertà e di indipendenza…
R.
– Anche qui, qual è l’esempio veramente modello? Perché, se andiamo in Inghilterra,
non si può dimenticare il caso “News of the World”. Se andiamo negli Stati Uniti,
anche là ci sono molti casi che non sono proprio un modello per il giornalismo del
mondo. E’ vero anche che in questi Paesi c’è la capacità di riformare il giornalismo,
anche di criticarlo, di analizzarlo… Ecco, questo in Italia manca e quindi c’è in
Italia forse una maggiore autoreferenzialità, per non parlare di questo legame molto
stretto con il potere politico. Per cui, se dovessimo misurare l’indipendenza del
giornalismo italiano "versus" il giornalismo americano, probabilmente dovremmo metterlo
ai piani bassi, per quanto riguarda appunto il grado di libertà. Quello che manca
nel giornalismo italiano, forse, è una maggiore quantità, oltre che qualità, di giornalismo
investigativo, che è segnale esso stesso di autonomia e indipendenza rispetto a qualsiasi
potere. Il motivo per cui non ci sia più questo giornalismo investigativo, anche qui
è presto detto: anche altrove succede la stessa cosa, perché oggi con i nuovi media
il giornalismo – è stato detto – è più simile “all’agricoltura intensiva” che non
“alla caccia e alla pesca”, dove appunto si va a cercare il dato, il fatto, si intervista
il personaggio, si scava nelle storie e così via. Al massimo, si fa per storie di
cronaca nera. Però, è un peccato che sia limitato solo a quello. Sarebbe interessante
anche vedere un giornalismo coraggioso, che scava anche in altri campi della vita
sociale, politica, culturale ed anche economica, italiana.
D. – Quindi, in
sostanza, lo stato di salute qual è?
R. – Se vogliamo misurare la febbre, 38
e mezzo, 39: è una temperatura piuttosto alta, che segnala che c’è qualcosa che non
va nel giornalismo italiano, che c’è qualcosa da riformare…
D. – Questo è un
messaggio in primis agli editori?
R. – Agli editori ma anche, forse, agli stessi
giornalisti, all’Ordine dei giornalisti, alla Federazione nazionale della stampa…
Spesso, sono molto autoreferenziali, guardano soprattutto gli aspetti corporativi,
cosa giusta da fare, però probabilmente dimenticano gli interessi più generali di
un’informazione più equilibrata, più attenta, forse anche più vicina al cittadino
di quanto sia adesso.