2013-04-24 15:48:27

Francia, nozze gay. L'esperta di bioetica: bisogna andare alle radici del diritto


Non si placa la protesta in Francia contro l’approvazione della legge promossa dai socialisti sulle nozze gay, con possibilità di adozione, da parte dell’Assemblea nazionale. Nuovi raduni sono infatti previsti per il 5 e il 26 maggio prossimi a Parigi. I senatori dell'opposizione di centrodestra hanno intanto presentato ricorso al Consiglio costituzionale, il cui parere sarà noto entro un mese. I promotori dell’iniziativa sostengono che "la definizione di matrimonio, principio fondamentale riconosciuto dalla leggi della Repubblica, non può essere modificato attraverso una legge ordinaria". L’apertura della Francia ai matrimoni gay arriva dopo sette mesi di forti polemiche e di una lunga maratona parlamentare, che ha spaccato la classe politica e l’opinione pubblica. Ma ha fondamento l’obiezione degli oppositori alla legge? Adriana Masotti lo ha chiesto a Gabriella Gambino, ricercatrice in Filosofia del diritto all’Università Tor Vergata di Roma e docente di Bioetica al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia:RealAudioMP3

R. – Direi assolutamente di sì, nel senso che, effettivamente, nell’ambito degli ordinamenti giuridici, la legge ordinaria non può modificare la norma fondamentale dello Stato e questi cambiamenti oggi stanno scardinando i nostri ordinamenti sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista etimologico, dei termini, e antropologico.

D. – Una misura di questo è anche una frase della ministra francese Taubira, che si è battuta con passione per il suo testo: “E' una legge, questa, generosa perché lotta contro la diseguaglianza e protegge migliaia di bambini”…

D. – Il problema dei bambini è quello di garantire certamente una stabilità familiare, ma non solo. E' anche quello di dar loro punti di riferimento chiari per lo sviluppo anche di una loro identità, attraverso una bipolarità sessuale che antropologicamente fa parte della persona umana. Quando lo Stato in principio prevede che venga a mancare questa bipolarità sessuale, bisogna anche domandarsi se questo sia un autentico principio di uguaglianza nei confronti di questi bambini.

D. – La legge che riconosce il matrimonio gay che cosa toglie alle coppie “tradizionali” fatte di un uomo e di una donna? E’ una domanda che ci si sente rivolgere da chi oggi festeggia…

R. – Non è questo il punto. La legge di per sé non toglie mai nulla in questi termini, ma crea situazioni nuove che culturalmente influiscono fortemente sul nostro modo di pensare e di fare famiglia. Bisogna inoltre domandarsi, in realtà, se il diritto debba autenticamente prendere in considerazione queste nuove modalità che sono modalità private alle quali forse lo Stato, il diritto, non si giustifica si interessino in questi termini. Il diritto, infatti, non prende solo atto delle realtà di fatto, ma è tenuto a prendere in considerazione realtà che strutturalmente appartengono alla coesistenza come facenti parte dell’uomo.

D. – Quindi, è un non guardare più, non riconoscere più la famiglia come quella cellula fondamentale che, mediante la procreazione, dà corpo allo Stato…

R. – Esatto, anche perché viene da chiedersi se davvero queste siano situazioni universalizzabili, perché il diritto fa proprio questo. Nella tradizione giuridica, perché il matrimonio eterosessuale viene istituzionalizzato dallo Stato come fondamento della famiglia? Proprio perché pone la procreazione a fondamento della famiglia, che fondandosi sulla bipolarità sessuale, è il fondamento per la procreazione umana. Qui prendiamo atto invece di altre situazioni con le quali, attraverso l’adozione, vogliamo imitare il modello familiare ma "bypassando" questo modello, superandolo completamente, creando altre situazioni e volendo che lo Stato le istituzionalizzi e le universalizzi: che le renda cioè un bene per tutti nel senso che a quel punto vanno bene per tutti, diventano anche un modello culturale alternativo e assolutamente uguale all’altro nell’idea culturale che si diffonde.

D. – I mass media italiani, nella grande maggioranza, si dichiarano apertamente a favore di questa legge, facendo sentire “arretrati” coloro che la pensano diversamente: che giudizio si può dare su questo?

R. – Non è un problema di arretratezza, è un problema di saper andare autenticamente al fondamento del diritto e di ciò di cui il diritto si deve occupare. Secondo me, oggi bisogna avere il coraggio di andare alla ricerca di questi fondamenti autentici prima di fare norme sulla base di un’ondata che non ha molto di giuridico, ma più di politico. Ma la dimensione politica è una dimensione extra-giuridica, che non attiene al diritto e quest’oggi stesso purtroppo ce lo dimentichiamo.







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