2013-04-20 12:42:14

Siria ancora nel caos. L'Onu denuncia: a fine anno milioni i rifugiati


La crisi siriana ancora nel caos. Continuano in tutto il Paese gli scontri armati tra esercito di Damasco e il multiforme fronte dei ribelli. E mentre l’Onu rilancia l’allarme per l’aggravarsi dell’emergenza umanitaria – a fine anno potrebbero essere quasi quattro milioni i rifugiati – a preoccupare ci sono le notizie che periodicamente vengono diffuse sull’utilizzo nel conflitto di armi chimiche. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, dell’Ansa di Beirut:RealAudioMP3

R. – E’ davvero molto difficile poter parlare in termini il più possibile oggettivi della questione delle armi chimiche, che invece mi sembra assuma sempre più un valore politico, dall’una e dall’altra parte. Tutti sanno che è un po’ uno spauracchio che potrebbe far cambiare gli equilibri delle cancellerie occidentali e spesso viene usato strumentalmemte sia dal regime siriano, sia dai ribelli, sia dalla Russia, sia dagli Stati Uniti, sia dagli occidentali, in generale, per cercare di spostare l’ago della bilancia verso una decisione o quella opposta.

D. - I Paesi amici della Siria, riuniti a Istanbul, parlano anche dell’effetto al Qaeda su questa guerra civile. E’ proprio questo un aspetto che impedisce alla comunità occidentale di impegnarsi di più in questa crisi?

R. – Sicuramente la presunta rivendicazione del gruppo Jabhat as Nusra di essere appartenente alla galassia di Al Qaeda ha facilitato tutti coloro, in primis il regime, che in un certo senso cercano di ritardare o di frenare un aiuto ai ribelli siriani. Ovviamente il presidente Bashar al Assad cerca di impaurire gli occidentali con l’equazione: "Se vado via io, ci sono Al Qaeda e il caos a tre ore di volo dall’Europa. Abbiamo notizie abbastanza certe che la formazione Jabhat as Nusra sta guadagnando terreno. La maggior parte degli appartenti sono combattenti stranieri, arabi musulmani, persino jamaicani. Ormai c’è davvero di tutto nel fronte jihadista, ben distinto da quello degli insorti siriani che lottano per un’altra causa.

D. – Come in ogni conflitto si aggrava sempre di più l’emergenza umanitaria, adirittura si parla di tre milioni e mezzo di rifugiati entro l’anno, una vera e propria "bomba ad orologeria". A chi spetta cercare di risolverla? Qui è coinvolta anche la comunità internazionale...

R. – Questa è una responsabilità prima di tutto dei governi locali, perché non possiamo sempre pensare che i Paesi arabi, la Turchia, debbano essere sostenuti sempre da qualcun altro. Sono governi che già vengono aiutati moltissimo dall’Occidente. Poi, certo, i primi a dover essere interessati siamo noi europei. L’Unione Europea deve svolgere un ruolo di prima piano, più degli altri Paesi geograficamente meno interessati. Dobbiamo pensare prima di tutto a come affrontare quella che è anche una questione politica, non soltanto una questione umanitaria, perché quando, per esempio, si parla di creare campi profughi in territorio siriano a ridosso dei confini libanese e giordano, questo significa creare una zona di sicurezza, in cui gli aerei non possono sorvolare e bombardare. Se si devono trovare soluzioni per questi tre milioni e mezzo, ma forse anche quattro o cinque milioni di siriani, bisogna affrontare la questione alla radice, evitando che qualcuno spari contro di loro e li costringa a fuggire.







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