Quirinale: Giorgio Napolitano rieletto Presidente della Repubblica Italiana con 738
preferenze
Al sesto scrutinio a Montecitorio Giorgio Napolitano è stato eletto nuovamente Presidente
della Repubblica. La ricandidatura proposta da Pd, Pdl e Scelta civica ha visto contrari
solo il Movimento 5 stelle e Sel. 738 i voti favorevoli. L'annuncio della presidente
della Camera Boldrini è stato accompagnato da un lungo applauso. Lunedì alle 17 il
giuramento. Apprezzamento arriva dall'Unione europea: ''Sono certo che sotto la sua
nuova presidenza l'Italia", dice il presidente della Commissione Ue, Jose' Manuel
Barroso,"nel solco della sua tradizione europeista, continuera' a dare il suo decisivo
contributo al nostro comune ideale europeo''. Un percorso veramente accidentato
quello che ha portato le Camere riunite a votare Giorgio Napolitano per un secondo
mandato: cinque tentativi andati a vuoto, franchi tiratori e schede bianche e poi
una crisi profonda che ha portato al crollo dei vertici del Pd, fino a Beppe Grillo
che grida al “golpe”. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Agostino Giovagnoli
politologo e docente di storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore:
E’ la prima
volta nella storia della Repubblica italiana che un Presidente riceve la richiesta
di ricandidarsi per un secondo settennato, periodo che i costituzionalisti definiscono
congruo per lo svolgimento di un incarico. E’ dunque un passaggio unico. Ma cosa prevede
in merito la legge e quale procedura ne seguirà? Gabriella Ceraso lo ha chiesto
Enzo Balboni Docente di Diritto costituzionale alla Cattolica di Milano:
R. – E’ la prima
volta che accade. Non è previsto il divieto di rielezione, quindi - tacendo la Costituzione
su questo punto - tutti ritengono che il Presidente della Repubblica possa essere
ricandidato e rivotato. In questo caso, di fronte a questo sfacelo e di fronte ad
una richiesta corale – anche se non unanime – Napolitano ha, credo lodevolmente, accettato
di sacrificarsi. È tornato in vigore quel principio della legge romana che dice: “La
salvezza della Repubblica sarà la suprema legge dello Stato”.
D. – Si svolge
tutto nella stessa maniera, o c’è qualcosa di diverso?
R. – Si svolge tutto
nella stessa maniera: lui accetterà, dovrà accettare la nomina, poi farà il giuramento
davanti alle Camere riunite ed in quel messaggio - alle Camere e alla Nazione - illustrerà
le sue motivazioni e credo che stabilirà anche i confini ed i limiti della sua attività
presidenziale. Tutto però si svolgerà regolarmente in modo che lui abbia tutti i pieni
diritti e piena responsabilità. Da lui si attenderà che la salvezza della Repubblica
sia conquistata e, dopo il cambiamento della legge elettorale ed alcune norme economiche
fondamentali, penso che darà le dimissioni, ma avendo già un governo in carica ed
una nuova legge elettorale che ci faccia finalmente ripartire.
D. – Potrebbe
pensare ad un “governo di scopo”, un “governo del Presidente”…
R. – Credo che
lui chieda un governo di larghe responsabilità, non credo di larghe imprese. Il fatto
che abbia voluto che gli venisse chiesto dai leader dei maggiori schieramenti – escludo
Grillo che si è chiamato fuori – significa che lui impegna costoro per il tempo necessario
– un minimo di un anno, 15 mesi – a stare uniti a qualunque costo. Quindi, naturalmente
si vedrà, molto più di prima, la mano del Presidente della Repubblica anche nella
scelta dei ministri.
D. – Beppe Grillo ha detto che questo è un “colpo di Stato”.
Ha senso?
R. – No. Sono parole pericolose ed è gravissimo che vengano usate
per di più nei confronti di un democratico come Giorgio Napolitano, che non ha certamente
voluto questa situazione. È stato costretto ad assumerla per l’incapacità di tutte
le forze politiche e per il fatto che il Movimento 5 stelle da solo non era in grado
di produrre nessuna maggioranza idonea. Quindi, è gravissimo che vengano usate queste
parole. Spero che gli elettori sappiano distinguere tra quello che è propaganda e
quello che è serietà nel gestire le istituzioni.
La Conferenza Episcopale
Italiana, alla rielezione di Giorgio Napolitano, gli esprime le sue ''felicitazioni''.
''Nel farLe sentire la nostra vicinanza e partecipazione avvertiamo il peso della
responsabilita' che l'incarico conferitoLe porta con se', specialmente in quest'ora
della storia'', scrive in un messaggio la presidenza della Cei. Prima del si’ di Napolitano,
stamattina il vescovo Giancarlo Bregantini, a capo della Commissione Episcopale
per i problemi sociali, si era augurato che Napolitano “prendesse in mano la situazione”
affinché il mondo politico facesse “una scelta di vera dignità e di grande responsabilità”.
Ma sentiamo l’appello di monsignor Bregantini al microfono di Alessandro Guarasci:
R. – Sentiamo
sempre più necessario rivolgere un disperato appello alla serietà e alla capacità
di cogliere il gusto del bene comune: che siano capaci di responsabilità e di dignità!
D.
– Questo perché il Paese sta in qualche modo o rischia quantomeno di affondare, la
povertà aumenta e le persone sono sempre più in difficoltà?
R. – Soprattutto
si sente la differenza abissale tra i problemi veri della gente e il gridare di qualcuno
o l’essere muro a muro. Le parole che sono state usate, in questi giorni, sono incapaci
di cogliere il dramma che sale dalla gente comune, dal Paese. Non si può giocare così!
Non ci sono colpevoli qua o là, ma è la mentalità: cioè la politica non coglie il
senso di responsabilità; la politica che non sa dire “stringiamoci perché il bene
di tutti, viene prima del bene mio”. La dottrina sociale della Chiesa dice con chiarezza:
prima viene il nostro, poi viene il mio; solo difendendo il nostro, io difendo il
mio. Stamattina abbiamo a lungo pregato nelle Lodi, recitando il Cantico del Libro
della Sapienza: “Dammi la sapienza che siede accanto a Te e non mi escludere dal numero
dei tuoi figli”. Abbiamo dedicato questa preghiera espressamente al Parlamento italiano.