Venezuela: l'opposizione chiede il riconteggio delle schede
In Venezuela non cala la tensione post elettorale. L'opposizione ha depositato un
ricorso nel quale si chiede il conteggio del 100% dei voti delle presidenziali di
domenica, che hanno dato la vittoria al candidato chavista, Nicolas Maduro. Francesca
Ambrogetti:
La tensione
non cede in Venezuela. Ieri l’opposizione ha presentato il ricorso formale al responsabile
del Consiglio nazionale elettorale, che lo ha ricevuto e ha detto: “Hanno il diritto
di impugnare e di protestare. Daremo una risposta”. Poco prima al Tribunale supremo
di giustizia aveva informato che il sistema di conteggio in Venezuela è automatizzato
e che non è possibile quello manuale. Intano il dirigente dell’opposizione Leopoldo
López ha denunciato che sia lui che il candidato Henrique Capriles potrebbero essere
arrestati. Nicolas Maduro, erede di Hugo Chavez e presidente eletto, li ha accusati
di incitazione alla violenza che ha provocato nella manifestazione di martedì sette
morti e 61 feriti. All’elenco dei Paesi che hanno già riconosciuto il nuovo governo
si sono aggiunti ieri tra gli altri Francia e Spagna, mentre gli Stati Uniti continuano
a tentennare auspicando il conteggio chiesto dall’opposizione. L’insediamento del
nuovo presidente è previsto per venerdì prossimo e sarà accompagnato da una grande
manifestazione dei sostenitori della rivoluzione bolivariana.
Ieri Capriles
aveva annullato la manifestazione di Caracas che si doveva concludere davanti la sede
del Consiglio nazionale elettorale. Si può parlare di un gesto di distensione da parte
dell’opposizione? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Gabriele Iacovino,
esperto di Venezuela del Cesi, Centro Studi Internazionali:
R. – È un primo
segnale verso la distensione tra i due contendenti. Per il Venezuela, si apre un periodo
di transizione dopo la morte di un leader così carismatico e così importante per la
storia di un Paese come Chavez. A questo punto, è sicuramente la stessa classe politica
venezuelana che deve trovare un nuovo equilibrio. Questa apertura di Capriles va sicuramente
in questa direzione.
D. – Quale via di uscita per il Paese di fronte all’incertezza
emersa dalle elezioni di domenica?
R. – Quando un’elezione così importante,
dopo un periodo di politica portata avanti da un uomo forte, viene vinta per un margine
così stretto di voti, è comunque un nuovo passo per la democrazia venezuelana. Gli
scontri sono un po’ frutto di questa situazione di poca chiarezza e di riequilibrio
all’interno dell’ambito istituzionale venezuelano. La stessa attività delle forze
dell’ordine e la loro tenuta è stata in parte causa delle violenze nel Paese. Certo
è che il dialogo tra i due candidati, tra le due parti politiche, è necessario per
cercare di contenere la violenza e per portare il Venezuela verso una transizione.
D.
– E’ singolare questa protesta, perché da un lato ci sono gli oppositori di Maduro,
che utilizzano le pentole per farsi sentire, dall’altra invece c’è un lancio di razzi
da parte dei suoi militanti. Si era già assistito a qualcosa del genere in America
Latina?
R. – La storia dell’America Latina, il sentire, il calore politico
dell’America Latina comunque già in passato ha avuto delle manifestazioni “sui generis”.
Sicuramente, per esempio, l’utilizzo delle pentole è comunque un tratto anche “politico”
di alcune manifestazioni che si sono svolte in America Latina. Ricordiamo qualcosa
di simile in Argentina, ma lo scenario era assolutamente diverso. Bisogna capire –
ma soprattutto i leader politici devono capire – che l’era Chavez è finita e che la
democrazia in Venezuela deve passare assolutamente attraverso il dialogo.
D.
– C’è la possibilità di un “effetto domino”, vista l’incertezza nel Venezuela, per
altri Paesi che nell’area si accingono a nuove elezioni? Penso per esempio all’Argentina…
R.
– Il contesto venezuelano è abbastanza “sui generis” perché, ripeto, queste elezioni
vengono alla fine di un periodo storico importante per il Venezuela dove vi era un
uomo politico – Chavez – che aveva raccolto attorno a sé non solo il potere politico,
ma comunque un’immagine che travalicava i confini del Venezuela e che ha sviluppato
una linea politica legata al bolivarismo poi ripresa da altri Paesi, pensiamo alla
Bolivia. L’Argentina sta vivendo una fase politica diversa, assolutamente diversa,
dove il contesto democratico non ha visto negli ultimi anni una personalità forte
che abbia mantenuto il potere, ma la dialettica democratica è andata avanti.
D.
– La Kirchner, la presidente argentina, ha chiesto agli Stati Uniti di riconoscere
la presidenza Maduro per garantire la pace. Per il momento, non c’è stata risposta:
questo che cosa significa?
R. – La transizione al post-Chavez è in atto e indubbiamente
gli Stati Uniti giocano un ruolo in quel Sudamerica che non è più quello che, negli
anni ’70, veniva definito il “giardino di casa”, ma sta assumendo un’autonomia e un’importanza
sempre maggiore, non solo in politica ma anche nei palcoscenici economici internazionali.
Gli Stati Uniti sicuramente dovranno agire in direzione di una normalizzazione dei
rapporti con il Venezuela, anche per favorire la transizione al post-Chavez.