Presentato al Bambin Gesù il primo cuore artificiale totalmente impiantabile per bimbi
E' stato presentato ieri, presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, un nuovo cuore
artificiale che, insieme all’utilizzo di cellule staminali per rigenerare il muscolo
cardiaco, può rappresentare la soluzione per gli oltre quattromila bambini che ogni
anno nascono in Italia affetti da malattie cardiache. Bisognerà aspettare un anno
o due per il primo impianto del nuovo organo artificiale di soli 40 grammi, totalmente
impiantabile, pensato per i bambini dai 2 ai 15 anni. Si tratta del primo prototipo
di pompa alimentata da un cavo collegato a batterie esterne. Inserita nel ventricolo
sinistro, è in grado di spingere il sangue in tutto il corpo, in attesa di un trapianto
d'organo. In alcuni casi selezionati, potrà tuttavia rappresentare anche una soluzione
definitiva. Il progetto è stato realizzato con il sostegno di Conad e della Nazionale
italiana cantanti. Tra il 2010 e il 2012, il nosocomio romano, primo a realizzare
un trapianto di cuore artificiale nel 2002, ha coperto il 50% degli interventi di
questo tipo in Italia. Oggi, l’insufficienza cardiaca rappresenta una problematica
a livello globale. Lo conferma Antonio Amodeo, responsabile dell’Unità assistenza
meccanica cardiocircolatoria. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. – È un problema
enorme. Se pensiamo che negli Stati Uniti ci sono 5,8 milioni di persone che soffrono
di insufficienza cardiaca, questo ci fa capire la magnitudo del problema. Di pari
passo, anche la popolazione pediatrica ha questo problema e questo ovviamente ha creato
la necessità di nuovi percorsi terapeutici.
D. – Per quanto riguarda i bambini,
il trapianto “naturale” appare più difficoltoso chiaramente…
R. – Attualmente,
il trapianto di cuore rappresenta l’unica reale opzione per i bambini con insufficienza
cardiaca grave. Ma il problema è che di trapianti se ne fanno sempre meno e i bambini
che necessitano di trapianto sono sempre di più. Per questo motivo, dobbiamo cercare
strade alternative. I percorsi più attuali sono chiaramente la ricerca di nuovi cuori
artificiali miniaturizzati pediatrici e la terapia con cellule staminali.
D.
– Parliamo del nuovo cuore artificiale: in cosa differisce da quello che già conosciamo?
R.
– La differenza è che attualmente i cuori artificiali che esistono per la popolazione
pediatrica sono i cuori “paracorporei”: necessitano che il bambino sia ospedalizzato,
a letto, con una consolle molto grande. I bambini poi devono aspettare in ospedale
il cuore da trapiantare. Invece, il nuovo cuore artificiale permetterà ai bambini
di essere dimessi dall’ospedale, andare a casa, fare una vita molto vicina alla normalità
e aspettare nell’ambiente familiare il trapianto di cuore.
D. – In attesa di
un trapianto di cuore “naturale”…
R. – Stiamo lavorando anche per miniaturizzare
dei cuori che in un futuro potranno non aver bisogno neanche della terapia anticoagulante.
Allora in quel caso – ovviamente si parla di progetti futuri – si potrà anche pensare
a cuori artificiali miniaturizzati che potrebbero anche non aver più bisogno del trapianto.
D.
– A questo nuovo cuore artificiale si associa la terapia rigenerativa miocardica tramite
cellule staminali. Di cosa si tratta?
R. – E’ ormai chiaro che il cuore ha
una capacità rigenerativa autonoma. Le ricerche in questi ultimi anni hanno portato
ad avere dei risultati molto buoni negli adulti, per quanto riguarda la terapia con
cellule staminali miocardiche. Abbiamo iniziato in fase sperimentale con le cellule
staminali pediatriche miocardiche, prelevate dallo stesso bambino, e poi una volta
espanse iniettate nello stesso bambino malato. Speriamo che, nel giro di tre anni,
dalla fase pre-clinica si arriverà alla fase clinica con dei risultati sovrapponibili
a quello che attualmente iniziamo a vedere nella popolazione adulta.
D. –
In una congiuntura economica tanto difficile, come portare avanti progetti tanto ambiziosi?
R.
– La domanda è estremamente pertinente. Abbiamo la fortuna di avere il gruppo Conad
che ci sostiene in questo e collaborazioni con i più grossi centri mondiali: Harvard
e ovviamente il Policlinico Cattolica di Roma.