Venezuela: Maduro nuovo presidente, ma l'oppositore Capriles contesta il risultato
Vittoria di misura in Venezuela per Nicolas Maduro, delfino di Chavez, che ha ottenuto
il 50,66% dei voti nelle presidenziali di domenica mentre lo sfidante Henrique Capriles
ha raccolto il 49,07% dei consensi. Una differenza minima che ha indotto lo stesso
Capriles a chiedere il riconteggio delle schede mentre Maduro ha parlato di una vittoria
“giusta, legale e costituzionale”. In attesa dell’insediamento, il 19 aprile, al neo
capo di Stato sono arrivati gli auguri delle cancellerie internazionali. Tra i primi,
il presidente russo, Vladimir Putin, a seguire Cina e Argentina. L'Unione Europea
ha "preso atto", ma ha chiesto che il risultato possa essere accettato da tutti. Il
riconteggio potrà tuttavia cambiare l'esito annunciato? Benedetta Capelli ha
girato la domanda a Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina all’università
di Bologna:
R. – Il problema
del riconteggio chiesto da Capriles, che è perfettamente comprensibile, è dovuto al
fatto che il governo del Venezuela, sotto Chavez, ha preso il controllo assoluto di
tutti gli organi che noi chiamiamo di garanzia, tra cui il Consiglio nazionale elettorale.
Insomma, l’organo che deve vegliare sulla correttezza delle elezioni è un organo di
parte e quindi sarà molto difficile che il riconteggio dei voti possa essere trasparente.
D.
– E’ un Paese che esce diviso da questo voto?
R. – Il Venezuela è un Paese
drammaticamente spaccato dall’ascesa di Chavez in poi e naturalmente da questo voto
esce altrettanto diviso. Certo, il risultato ha un vincitore e uno sconfitto e paradossalmente
il vincitore è lo sconfitto: il vincitore, Nicolas Maduro, pare avere i numeri per
esercitare la presidenza della Repubblica, ma in realtà ha subito una sonora sconfitta.
Per un regime politico che vuole una rivoluzione, e che conquista a malapena il 50%
dei voti, pur controllando tutte le risorse politiche del Paese, è decisamente un
fallimento.
D. – Colpisce, infatti, il risultato di Capriles che, rispetto
alle scorse presidenziali, ha addirittura incrementato di cinque punti. E allora,
come leggere questo dato?
R. – Il dato sta in diverse questioni. La prima è
più evidente e ci dice che i risultati della cosiddetta rivoluzione "chavista" non
sono affatto risultati straordinari, tutt’altro. Vale a dire che il Venezuela rimane
un Paese con condizioni economiche drammatiche, con difficoltà di rifornimento di
beni di prima necessità, con un elevatissimo tasso di criminalità, inflazione alle
stelle e potrei continuare. Quindi, sicuramente c’è uno scontento generale molto grande.
Naturalmente, poi, Nicolas Maduro non è Hugo Chavez. Infine, Henrique Capriles è stato
capace di sviluppare un discorso politico moderato che va verso la riconciliazione
del Paese e infatti ha conquistato moltissimi voti anche di ex-chavisti ed è andato
a conquistare voti nei ceti popolari che avevano sempre votato Chavez.
D. –
Ha cavalcato poi alcune politiche sociali che avevano però dato il loro frutto in
Venezuela…
R. – Sicuramente, hanno dato il loro frutto, anche se non il frutto
proporzionato alla grande quantità di ricchezza che il Venezuela ha potuto governare
in questi anni. Quella ricchezza, però, avrebbe potuto essere usata in maniera molto
più razionale, molto più sostenibile nel tempo.
D. – Ci sono molte sfide che
il nuovo presidente dovrà affrontare, come l’inflazione molto alta. Eppure, è il Venezuela
un Paese che ha dalla sua parte notevoli ricchezze petrolifere. E’ veramente un paradosso
in questo senso…
R. – In questo, il governo di Chavez ha fatto quello che avevano
fatto i governi democratici venezuelani quando il petrolio era alle stelle, negli
anni Settanta, e cioè si è trovato con un’enorme ricchezza tra le mani e ciò che ha
fatto è stato spendere, spendere, spendere senza badare agli equilibri macro-economici,
senza badare alla sostenibilità del suo modello. Penso, comunque, che al di là della
grande crisi economica, Nicolas Maduro avrà un altro problema, e il problema sarà
che lui diventa presidente ma è un presidente "azzoppato": un po’ perché su di lui
c’è l’ombra della frode elettorale e un po’ perché all’interno dello stesso movimento
chavista, soprattutto i militari che sono i più potenti nel chavismo, faranno sentire
la loro potenza.