Centrafrica: scontri tra civili e ribelli. Djotodia eletto presidente
Almeno 18 persone hanno perso la vita e decine di altre sono rimaste ferite negli
scontri che si sono verificati durante il fine settimana a Bangui: lo riferiscono
fonti della Croce Rossa, aggiungendo che anche i saccheggi sono continuati per due
giorni. Fonti della polizia hanno invece sottolineato che le violenze si sono manifestate
mentre erano in corso operazioni di ricerca di armi e munizioni. “Ci sono soldati
e uomini armati ovunque e diversi civili cercano di scappare altrove” dice all’agenzia
Fides mons. Dieudonné Nzapalainga arcivescovo di Bangui. Nei combattimenti è stato
colpito da un colpo di lanciarazzi anche una chiesa protestante. “Sto facendo il giro
delle aree interessate dagli scontri - ha detto mons. Nzapalainga - per verificare
di persona le condizioni degli abitanti. La situazione è veramente caotica”. Ad innescare
gli scontri - riferisce l'agenzia Misna - sarebbe stata l’uccisione di una donna raggiunta
da una pallottola vagante esplosa da elementi della coalizione Seleka nella 7a circoscrizione
di Bangui, nota come il quartiere Boy-Rabe. In segno di protesta per la morte della
residente e per il perdurare dell’insicurezza gli abitanti del quartiere sono scesi
per le strade, scontrandosi con i ribelli. Il generale Moussa Dhaffane, portavoce
del governo, ha invece riferito che le violenze sono cominciate dopo i pattugliamenti
della Seleka nei quartieri vicini a François Bozizé, dove “giovani armati dall’ex
presidente hanno aperto il fuoco”. Sulla vicenda è intervenuto anche l’attuale uomo
forte del Paese Michel Djotodia. “E’ colpa di un gruppo di individui che continua
a sostenere il vecchio potere, vogliono far precipitare il Centrafrica in una guerra
civile ma la gente non vuole che ciò accada” ha detto l’ex capo ribelle. Dalla destituzione
di Bozizé, lo scorso 24 marzo, la Croce Rossa ha confermato il ritrovamento di 119
copri senza vita per le strade di Bangui mentre i feriti sarebbero più di 450. Al
di là delle violenze, il fine settimana è stato segnato da sviluppi politici e istituzionali
significativi. Durante la prima sessione del Consiglio nazionale di transizione (Cnt),
costituito venerdì, Djotodia è stato eletto presidente della Repubblica, ottenendo
così una legittimazione istituzionale; è il primo musulmano designato alla guida del
Paese a maggioranza cristiana. L’ex Capo di Stato si era autoproclamato presidente
lo scorso 24 marzo. Nei prossimi 18 mesi dovrà traghettare il Centrafrica verso elezioni
generali e nel suo primo discorso dopo il voto si è impegnato a lavorare per “ristabilire
la sicurezza sul territorio nazionale, restaurare l’unità, ritrovare la pace sociale
e far ripartire l’economia”. Del Cnt fanno parte 105 membri scelti nei ranghi della
ribellione, delle forze politiche e della società civile, chiamati a legiferare come
un’Assemblea costituente. Alcuni osservatori hanno sottolineato che questi passaggi
istituzionali richiesti dai Paesi dell’Africa centrale e in parte previsti dagli accordi
di pace firmati lo scorso 11 gennaio a Libreville potrebbero contribuire a far uscire
il Paese dall’isolamento diplomatico. Dopo il colpo di stato il Centrafrica è stato
sospeso dall’Unione Africana, dalla Comunità economica dei paesi dell’Africa centrale
e dall’Organizzazione internazionale dei paesi francofoni (Oif). Una trentina di organizzazioni
della società civile e della diaspora centrafricana ha già criticato la composizione
del Cnt ma soprattutto le modalità di scelta dei suoi membri, “in totale contraddizione
con il principio di concertazione consensuale e democratica”, chiedendo l’apertura
di “consultazioni inclusive mediate dalla comunità internazionale”. (R.P.)