2013-04-15 13:13:25

Centrafrica: scontri tra civili e ribelli. Djotodia eletto presidente


Almeno 18 persone hanno perso la vita e decine di altre sono rimaste ferite negli scontri che si sono verificati durante il fine settimana a Bangui: lo riferiscono fonti della Croce Rossa, aggiungendo che anche i saccheggi sono continuati per due giorni. Fonti della polizia hanno invece sottolineato che le violenze si sono manifestate mentre erano in corso operazioni di ricerca di armi e munizioni. “Ci sono soldati e uomini armati ovunque e diversi civili cercano di scappare altrove” dice all’agenzia Fides mons. Dieudonné Nzapalainga arcivescovo di Bangui. Nei combattimenti è stato colpito da un colpo di lanciarazzi anche una chiesa protestante. “Sto facendo il giro delle aree interessate dagli scontri - ha detto mons. Nzapalainga - per verificare di persona le condizioni degli abitanti. La situazione è veramente caotica”. Ad innescare gli scontri - riferisce l'agenzia Misna - sarebbe stata l’uccisione di una donna raggiunta da una pallottola vagante esplosa da elementi della coalizione Seleka nella 7a circoscrizione di Bangui, nota come il quartiere Boy-Rabe. In segno di protesta per la morte della residente e per il perdurare dell’insicurezza gli abitanti del quartiere sono scesi per le strade, scontrandosi con i ribelli. Il generale Moussa Dhaffane, portavoce del governo, ha invece riferito che le violenze sono cominciate dopo i pattugliamenti della Seleka nei quartieri vicini a François Bozizé, dove “giovani armati dall’ex presidente hanno aperto il fuoco”. Sulla vicenda è intervenuto anche l’attuale uomo forte del Paese Michel Djotodia. “E’ colpa di un gruppo di individui che continua a sostenere il vecchio potere, vogliono far precipitare il Centrafrica in una guerra civile ma la gente non vuole che ciò accada” ha detto l’ex capo ribelle. Dalla destituzione di Bozizé, lo scorso 24 marzo, la Croce Rossa ha confermato il ritrovamento di 119 copri senza vita per le strade di Bangui mentre i feriti sarebbero più di 450. Al di là delle violenze, il fine settimana è stato segnato da sviluppi politici e istituzionali significativi. Durante la prima sessione del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), costituito venerdì, Djotodia è stato eletto presidente della Repubblica, ottenendo così una legittimazione istituzionale; è il primo musulmano designato alla guida del Paese a maggioranza cristiana. L’ex Capo di Stato si era autoproclamato presidente lo scorso 24 marzo. Nei prossimi 18 mesi dovrà traghettare il Centrafrica verso elezioni generali e nel suo primo discorso dopo il voto si è impegnato a lavorare per “ristabilire la sicurezza sul territorio nazionale, restaurare l’unità, ritrovare la pace sociale e far ripartire l’economia”. Del Cnt fanno parte 105 membri scelti nei ranghi della ribellione, delle forze politiche e della società civile, chiamati a legiferare come un’Assemblea costituente. Alcuni osservatori hanno sottolineato che questi passaggi istituzionali richiesti dai Paesi dell’Africa centrale e in parte previsti dagli accordi di pace firmati lo scorso 11 gennaio a Libreville potrebbero contribuire a far uscire il Paese dall’isolamento diplomatico. Dopo il colpo di stato il Centrafrica è stato sospeso dall’Unione Africana, dalla Comunità economica dei paesi dell’Africa centrale e dall’Organizzazione internazionale dei paesi francofoni (Oif). Una trentina di organizzazioni della società civile e della diaspora centrafricana ha già criticato la composizione del Cnt ma soprattutto le modalità di scelta dei suoi membri, “in totale contraddizione con il principio di concertazione consensuale e democratica”, chiedendo l’apertura di “consultazioni inclusive mediate dalla comunità internazionale”. (R.P.)







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