Per la prima volta la Croazia al voto per scegliere i rappresentanti del Parlamento
Europeo
I cittadini croati si sono recati ieri alle urne per eleggere i dodici parlamentari
spettanti alla Croazia nel Parlamento Europeo. E’ la prima volta nella storia del
Paese e il voto si svolge a due mesi e mezzo dall’ingresso formale della Croazia nell’Ue.
Zagabria ha presentato la domanda d'adesione a Bruxelles a febbraio 2003 e i negoziati
d'adesione sono cominciati a ottobre 2005. Oggi l’ingresso avviene in un momento storico
diverso segnato dalla crisi economica. Fausta Speranza ne ha parlato con il
prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università Tor Vergata
di Roma:
R. - Quello
che gli studi dimostrano è che in realtà gli effetti si materializzano prima dell’ingresso.
È il prepararsi all’ingresso che richiede di mettersi in pari su una serie di elementi
di qualità istituzionale, di qualità macro economica ed è uno stimolo enorme per questi
Paesi a migliorare la loro governance, per raggiungere – come dicono i francesi –
il cosiddetto “acquis communautaire”.
D. – Ricordiamo alcuni di questi risultati
della Croazia?
R. – La Croazia è un Paese emergente dell’Est Europa. Sappiamo
ormai che vige la legge della convergenza condizionata, per cui i Paesi più poveri
stanno recuperando terreno rapidamente rispetto ad alcuni diritti e questo vale sia
a Nord che a Sud del mondo, ma anche tra Est ed Ovest dentro l’Europa. Tutti i Paesi
dell’Est – e quindi anche la Croazia - sono Paesi che in questi anni hanno avuto un
tasso di crescita medio molto più alto rispetto al Sud d’Europa, ma anche al Nord.
Questo vuol dire che hanno tratto beneficio e continueranno a trarre beneficio dal
Mercato unico europeo.
D. – Invece - dal punto di vista dell’Europa - si è
discusso tanto del processo di allargamento: la Croazia ora entra. Che cosa significa,
in questo momento preciso di crisi economica, l’ingresso della Croazia per Bruxelles?
R.
- Non c’è dubbio che i Paesi con un costo del lavoro più alto hanno sofferto un po’
l’ingresso dei Paesi dell’Est. Questo per noi ha un peso anche se in realtà non è
un Paese piccolo come la Croazia a decidere quello che sta accadendo oggi a livello
competitivo, ma sono più che altro i giganti come la Cina, l’India e l’Africa. Chiaramente
per noi questo deve essere uno stimolo a guardare ai fattori competitivi, che non
dipendono dal mercato del lavoro, o dal costo del lavoro. Penso molto all’esempio
dell’arte e della cultura: abbiamo i più grandi giacimenti culturali del mondo da
dover valorizzare meglio: abbiamo a disposizione fattori produttivi che non dipendono
dal costo del lavoro, come le città d’arte Roma, Venezia… e tutto il nostro patrimonio
culturale. È chiaro che se in questo contesto pensiamo ancora di competere come un
tempo sul costo del lavoro, siamo sconfitti in partenza.
D. - A parte il valore
altissimo della solidarietà che l’Europa non deve mai dimenticare - e quindi l’ingresso
della Croazia può avere anche questo significato - ma dal punto di vista degli investimenti,
è possibile per gli altri Paesi europei pensarne di produttivi in Croazia?
R.
- Senz’altro. Questi Paesi hanno tra l’altro anche il vantaggio di avere un debito
pubblico spesso molto contenuto e quindi hanno la possibilità di dare incentivi e
sussidi alle imprese che vanno a localizzarsi lì, a produrre. La situazione della
qualità delle regole è migliorata molto, per cui questi Paesi riescono ad attrarre
molti più investimenti produttivi rispetto ad altri, e questo ovviamente ci mette
un po’ in difficoltà: come sappiamo oggi l’Italia è uno dei Paesi dove è più difficile
attirare investimenti diretti esteri.