2013-04-13 11:52:46

Somalia. Mons. Bertin torna a Mogadiscio: segni di speranza, sta rinascendo il Paese


Il Fondo Monetario Internazionale, dopo 22 anni di completa assenza di relazioni, ha riconosciuto il governo della Somalia, una scelta storica che apre la strada al sostegno finanziario del Paese considerato dal 1991 uno Stato fallito. “A Mogadiscio si cominciano a vedere segni di speranza”: commenta mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio. Resta comunque difficile la situazione umanitaria e anche le istituzioni soffrono di una certa instabilità. Ascoltiamo il presule al microfono della nostra collega francese, Hélène Destombes:RealAudioMP3

R. - È un cambiamento che si nota immediatamente per il fatto che nella capitale si può circolare liberamente, anche se per noi stranieri è sempre necessaria una scorta armata. Però, non ci sono più i posti di blocco - come ero abituato sei anni fa e anche negli anni precedenti - e soprattutto ci sono segni di speranza perché l’istituzione statale sta rinascendo anche se rimane ancora fragile. Sebbene questa sia riconosciuta a livello internazionale, a livello locale deve ancora potersi esprimere ed essere accettata dalla popolazione.

D. - Qual è oggi la situazione umanitaria a Mogadiscio? C’è un inizio di ricostruzione?

R. - Sì. C’è un inizio di ricostruzione. Il problema principale - secondo me - è che le attività pubbliche - legate per esempio alla sanità, all’istruzione – ancora non esistono perché, in effetti, tutto è stato distrutto da 22 anni di guerra civile. Ma ci sono dei segni favorevoli come la presenza di diverse organizzazioni umanitarie, delle agenzie Onu e degli stessi turchi. Durante il mio viaggio, mi sono associato ad un’organizzazione italiana con la quale abbiamo studiato diverse attività che possono essere sviluppate soprattutto per quanto riguarda la ricollocazione delle persone che, in passato, avevano abbandonato le loro zone, per aiutarle a ritornare favorendo delle attività agricole.

D. - Dei passi avanti, ma una situazione ancora complessa. Lei, dopo questa visita a Mogadiscio è piuttosto ottimista o resta ancora molto prudente?

R. - Resto prudente ma con ottimismo, perché in effetti in questi venti anni mi sembra che siano stati fatti dei passi importanti per la rinascita dello Stato, per il ritorno ad una certa normalizzazione. Ci sono diversi segni di ripresa anche a livello economico. Naturalmente, il compito è immenso! La strada è tutta in salita, però si è cominciato a salire lungo questa strada!

D. - Oggi, quale potrebbe essere il rischio per questo nuovo governo: le divisioni interne o le forze esterne? Il Paese ha ancora bisogno di un sostegno internazionale?

R. - Senz’altro. Il Paese ha bisogno di un sostegno internazionale da un punto di vista economico, politico e militare. Il nuovo Stato somalo si chiama Repubblica federale somala. Il problema è come coniugare, come mettere insieme una vera autorità centrale con le autonomie regionali. Il rischio potrebbe celarsi dietro al fatto che queste ultime possano essere pilotate dall’esterno.







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