"Primavere arabe" e migranti, Christopher Hein: garantire accoglienza e protezione
A quasi due anni e mezzo dalle prime rivolte, gli Stati della "primavera araba" sono
ancora in piena transizione: questa situazione ha avuto riflessi anche sui migranti
che dal Nordafrica tentano di raggiungere l’Europa via mare. Davide Maggiore
ha chiesto a Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati
come è cambiata in questi anni la loro situazione:
R. - In questo
momento, per i migranti che si spostano per motivi economici, di lavoro c’è meno attrazione
verso l’Italia, ma anche verso tutta l’Unione Europea, perché il mercato del lavoro
è sotto stress. Sappiamo anche che, dalla Germania per esempio, tanti turchi ritornano
nel loro Paese, mentre in Germania ci sono relativamente pochi nuovi immigrati turchi.
Lo stesso vale per la Spagna e certamente per l’Italia, però questo è diverso dalla
situazione di chi deve fuggire dal proprio Paese – dal Medio Oriente, o dall’Africa
subsahariana, attraversando il Nord Africa per esempio la Libia – e arriva qui per
chiedere asilo come rifugiato. Quindi, non c’è la scelta del Paese con condizioni
economiche migliori, ma c’è la costrizione di scegliere una via di fuga.
D.
– Quale può essere un modo per garantire a questi richiedenti asilo, e richiedenti
protezione umanitaria, la protezione di cui hanno bisogno?
R. – Innanzitutto,
dobbiamo considerare l’immensa difficoltà per arrivare a destinazione. Quindi, la
prima sfida è quella di trovare i giusti modi per far arrivare i migranti in modo
regolare e protetto, senza affidarsi ai trafficanti di esseri umani e rischiare la
vita. La seconda cosa è certamente fare un vero sforzo per migliorare le condizioni
anche nei Paesi di transito o di primo rifugio, come per esempio la Libia.
D.
– A proposito della Libia, com’è cambiata in questi Paesi di transito la situazione
dei migranti dall’inizio delle rivolte arabe?
R. – Finora, non abbiamo visto
un grande cambiamento. Questa non è certamente tra le priorità di un governo appena
eletto – come in Libia, o in Tunisia ed in Egitto – che devono affrontare tante altre
questioni. Non c’è ancora né una normativa sui migranti, sui rifugiati, sul diritto
di asilo, tanto meno le strutture di accoglienza. Quindi, dobbiamo constatare che
sostanzialmente per i rifugiati e i migranti in questo Paese la situazione fino ad
ora non ha avuto un grande cambiamento positivo.
D. – Sempre per quanto riguarda
le "primavere arabe", l’economia è stato un fattore importante nel loro inizio. Si
può fare qualcosa da un punto di vista internazionale per sostenere l’economia in
questi Paesi?
R. – Si sarebbe potuto e dovuto far di più già due anni fa, ma
meglio tardi che mai. Sarebbe stato meglio creare anche un “ponte di lavoro”, uno
scambio anche in deroga alle normali regole e quindi, allo stesso tempo, appoggiare
la rinascita di economie – come per il turismo – che per Paesi come l’Egitto e la
Tunisia sono molto importanti. L’Occidente, per fare solo un esempio naturalmente,
potrebbe fare molto di più per promuovere investimenti in questo settore.
D.
– Per quanto riguarda la situazione siriana, quali riflessi sta avendo sull’Europa
e cosa ci si può aspettare per il futuro?
R. – Vediamo che nell’Unione Europea
ci sono circa 20 mila richiedenti asilo, provenienti dalla Siria – spesso attraversano
la Turchia, la Grecia – mentre in Italia ne sono arrivati fin qui poche centinaia.
La maggior parte si recano in Germania ed in Svezia, ma sono comunque numeri molto
molto piccoli rispetto ad un milione e 300 mila profughi siriani nei Paesi confinanti,
ovvero la Turchia, la Giordania, il Libano ed anche l’Iraq. Quindi, il dramma siriano
certamente ci impegnerà ancora molto: è solo una questione di tempo, perché sempre
più persone cercano di spostarsi verso l’Occidente.