Debiti della Pubblica Amministrazione: stanziati i primi 10 miliardi di euro
Il decreto sui debiti della Pubblica Amministrazione verso le imprese ‘nasconde’ un
ulteriore appesantimento degli oneri su imprese e cittadini - tra Tares, Tarsu, Imu
e Iva - per una cifra complessiva di oltre 10 miliardi di euro. E’ quanto denuncia
la Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa all'indomani
dello stanziamento dei primi 10 miliardi di euro, degli oltre 40 previsti entro due
anni, per garantire il pagamento dei debiti contratti dalla Pubblica Amministrazione
nei confronti delle aziende private. Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado
Passera, ha espresso l’auspicio che la somma complessiva possa arrivare a 60 miliardi.
Su questo primo stanziamento, Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento dell’economista
Quadrio Curzio: R. – E’ una soluzione
di minima e tuttavia benvenuta data l’enorme dimensione dell’arretrato di debiti non
pagati dalla Pubblica Amministrazione. Un giudizio più completo si potrà dare laddove
sia individuata l’entità complessiva dei debiti.
D. – Il debito complessivo
della Pubblica Amministrazione è stato stimato in 90 miliardi di euro. In realtà,
si supera la somma di 130 miliardi se si conteggiano anche i debiti delle piccole
imprese, quelle con meno di 20 dipendenti. Manca ancora una stima complessiva precisa,
come avvenuto anche nel caso degli esodati…
R. – Questo lascia molto perplessi
perché il non conoscere i debiti che la Pubblica Amministrazione ha verso il sistema
produttivo, per molti versi, sconcerta. Adesso il governo ha affermato che i debiti,
entro il 15 settembre, saranno interamente censiti. Sarebbe stata buona cosa conoscerli
già oggi. Questo non è colpa del governo in carica, ma di un’Amministrazione che evidentemente
non segue, con sufficiente efficacia, l’accumularsi dei propri debiti.
D. –
Intanto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, chiede la rapida formazione
di un esecutivo, perché l’economia reale ha un andamento tale che, se non si interviene
subito, non ci può essere alcuna ripresa...
R. – L’affermazione di Squinzi
è totalmente condivisibile. Abbiamo, giorno dopo giorno, un elenco d’imprese che chiudono,
di disoccupazione che aumenta, di situazioni drammatiche. Io credo, dunque, che l’Italia
una volta chiusa questa ben nota procedura d’infrazione ai parametri di rispetto del
deficit, debba immediatamente, il giorno dopo, ripartire con una trattativa, in sede
europea, al fine di fruire di quella flessibilità sui parametri di investimento, per
rilanciare la crescita. Sembra ormai chiaro che se non si chiude la procedura di contenzioso,
non si può fruire di quei vantaggi per gli investimenti. Si chiuda tale procedura
e poi si riparta.