Vescovo del Darfur: concessi aiuti al Sudan ma resta alta la preoccupazione
3 miliardi e 600 milioni di dollari. E’ questa la cifra stabilita martedì per gli
aiuti al Sudan, nel corso dell’incontro di Doha nel Qatar. Una notizia positiva che
tuttavia non basta a sedare la preoccupazione di mons. Michael Didi Mangoria, vescovo
coadiutore di El Obeid, la diocesi che comprende la regione del Darfur. “Sarebbe una
buona notizia se ci fosse la pace” dice all’agenzia Misna, ma il pensiero ora va
soprattutto alle migliaia di civili messi in fuga dall’ennesima ondata di violenza.
Continuano, infatti, ad arrivare cattive notizie dalle regioni più remote della sua
diocesi, in particolare dallo Stato del Darfur meridionale. L’avanzata dei ribelli
dell’Esercito di liberazione del Sudan, guidati da Minni Minnawi, ha costretto migliaia
di persone a lasciare le loro case e a cercare rifugio presso due basi dei peacekeeper
di Unamid, la missione congiunta dell’Onu e dell’Unione Africana dispiegata nel 2007.
“Un carico di cibo e benzina destinato a Nyala non ha potuto essere consegnato perché
le strade non sono sicure” sottolinea mons. Mangoria, in riferimento agli ultimi aiuti
umanitari che avrebbero dovuto raggiungere il capoluogo del Darfur meridionale. E
sembra che starebbe puntando verso Nyala l’offensiva dei ribelli. Nei giorni scorsi
la fazione di Minnawi ha conquistato le località di Muhagiriya e Labado e ora sostiene
di essere a pochi chilometri dal capoluogo. L’Esercito di liberazione del Sudan è
uno dei gruppi che nel 2011 non ha sottoscritto gli accordi di pace di Doha, mediati
dagli emiri del Qatar. All’intesa non ha aderito nemmeno il Movimento giustizia e
uguaglianza (Jem), la formazione armata di maggior peso in Darfur. (G.F.)