2013-04-10 12:25:58

Onu: allarmante proliferazione di armi libiche in Medio Oriente e Africa


A due anni dalla crisi che ha fatto crollare il regime di Gheddafi, la Libia è all’origine di un’“allarmante” proliferazione di armi destinate ad infoltire gli arsenali di gruppi estremisti e criminali nell’intera regione, a cominciare dalla Siria e dal Mali. E’ questa la principale conclusione di un rapporto stilato da un gruppo di esperti del Consiglio di sicurezza dell’Onu incaricato di monitorare l’embargo sulle armi imposto alla Libia durante la rivolta del 2011. “I trasferimenti illeciti di armi leggere e pesanti, inclusi sistemi di difesa aerea, munizioni e ordigni di vario genere, rappresentano una violazione aperta dell’embargo e sono destinati verso una dozzina di Paesi” sottolinea il documento pubblicato martedì scorso e ripreso dall'agenzia Misna. Pertanto le armi libiche vengono utilizzate nei conflitti aperti in Medio Oriente e Africa da “forze non governative, inclusi gruppi terroristici” si legge nel rapporto ripreso dall'agenzia Misna, che evidenzia il caso della Siria, da due anni teatro di un braccio di ferro tra gruppi ribelli e forze del presidente Bashar al Assad. Carichi di armi in partenza da Misurata e Bengasi raggiungono la Siria attraverso la Turchia e il nord del Libano. “Un flusso significativo che fa pensare che le autorità locali possono essere al corrente su quanto accade, anche se non sarebbero direttamente coinvolte” precisano gli esperti Onu. L’altra rotta individuata porta le armi libiche verso l’Egitto, ancora instabile a due anni dalla caduta del regime di Hosni Mubarak, in particolare a beneficio dei gruppi armati operativi nel Sinai, regione desertica confinante con Israele, ma anche di quelli attivi nella Striscia di Gaza. Guardando in direzione del Sahel, armi provenienti dalla Libia transitano verso il sud della Tunisia, dell’Algeria e nel nord del Niger per poi raggiungere il Mali, in preda a un conflitto che da gennaio 2012 mette a confronto movimenti ribelli tuareg ed islamici al governo di Bamako. Ma secondo l’inchiesta Onu, queste armi e munizioni vengono anche utilizzate da reti criminali internazionali operative nel Sahel, nei traffici di droga e nel controllo delle strade. Il documento punta inoltre il dito sul Qatar e gli Emirati Arabi, due Paesi accusati di aver violato l’embargo sulle armi libiche, e di conseguenza di essere in parte responsabili della proliferazione regionale degli arsenali di Tripoli. Ma i traffici illeciti vengono anche spiegati dagli esperti come la conseguenza diretta di un “sistema di sicurezza interno carente, che non riesce a controllare il materiale militare in possesso delle varie milizie e dei civili, né i propri confini con i paesi vicini”. Pochi giorni fa lo stesso primo ministro libico Ali Zeidan ha dichiarato che la sicurezza nel Paese è “molto ridotta” e ha riconosciuto che il Paese vive “in un periodo di grande vulnerabilità”. Negli ultimi mesi milizie armate libiche in lotta tra di loro per il controllo del territorio, sostituendosi a forze di sicurezza carenti, si sono rese responsabili di attacchi e rapimenti ai danni di personalità politiche, istituzioni governative e diplomatiche. Il mese scorso con una risoluzione approvata all’unanimità, il Consiglio di sicurezza si è detto “preoccupato” per la proliferazione illecita di armi e materiale militare nella regione e ha rinnovato per un anno il mandato della locale missione Onu. Pur avendo concesso al governo libico alcune facilitazioni nell’acquisto di materiale militare non letale destinato alle proprie forze di sicurezza, i 15 Stati membri si sono detti “allarmati” per le numerose denunce di “torture, detenzioni arbitrarie ed esecuzioni extragiudiziarie” che giungono dalle prigioni libiche. (R.P.)







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