Da cubista al convento. Suor Anna oggi insegna a danzare l'Amore di Dio
Per anni ha ballato in tv e come cubista nei locali trasgressivi di Milano, “svendendo”
il suo corpo nella disperata ricerca dell’amore non ricevuto dal padre, un uomo violento.
Anche oggi la danza è la sua vita, ma dopo la conversione della madre ed un lungo
cammino di fede, ha trovato l’Amore con la A maiuscola. Anna Nobili è oggi
una suora delle Operaie della Casa di Nazareth ed insegna ai giovani a pregare con
il ballo portando in tournée coreografie ispirate alla Parola di Dio. La sua storia
è raccontata nel libro – testimonianza “Io ballo con Dio” edito da Mondadori. Paolo
Ondarza le ha chiesto quale lo scopo di questa pubblicazione:
R. - Ripercorrere
un po’ la mia storia per dare soprattutto speranza a chi pensa di non averne.
D.
- Lei pensava di non aver più speranza? R. - Io non mi facevo questa domanda. Forse
nemmeno pensavo che ci fosse la speranza. Pensavo che quella era la mia vita, fatta
di solitudine, di abbandono… Per me era l’unica strada. Poi mia madre si è convertita,
ha incontrato Gesù ed ha cercato di coinvolgermi, ma io pensavo che la fede fosse
“roba da vecchi”. Mia madre pregò molto per me e questa preghiera silenziosa un giorno
mi ha portato ad entrare in chiesa e ad iniziare un cammino. Gesù mi ha proprio salvato!
Perché Lui esiste, Lui è vivo! È dentro di me! Solo che io ero lontana da Lui.
D.
- Ero lontana da Dio: in che senso? R. - Avevo un grandissimo vuoto d’amore che
dovevo colmare con qualcosa. Io ho iniziato a colmarlo attraverso la danza, andavo
tutte le notti in discoteca… Avevo capito che il corpo era un mezzo per poter sedurre
e per poter rubare, prendere quello da piccola non avevo avuto: l’amore di mio padre,
un uomo violento da cui poi mia madre si è divorziata. Con quel tipo di vita sono
caduta sempre più in basso. Ho fatto del mio corpo un mezzo per commercializzare l’amore.
D.
- Ed oggi sono tanti i ragazzi e le ragazze che svendono la propria sessualità. In
particolare, molte ragazze puntano al mondo dello spettacolo, perché attratte da modelli
che mercificano e mortificano la bellezza. Che cosa si sentirebbe di dire loro? R.
- Posso sempre partire dalla mia esperienza. Io non sapevo che il mio corpo fosse
il tempio, la casa di Dio e che Anna non era quella che tu potevi prendere ed usare
come volevi. Mi ricordo una notte, quando scesi dal cubo - ero in discoteca -. Quella
notte dissi ai ragazzi: “Io ho incontrato Gesù. È bellissimo!”, e loro mi dicevano:
“Non è possibile che tu ci dica questo! Noi ti guardiamo così come sei vestita, come
ti muovi, non è possibile! Sembri una poco di buono”. Ecco, lì Gesù mi aveva aperto
gli occhi, perché non mi ero resa conto che ponendomi e ballando in un certo modo,
i ragazzi potessero vedere di me non Anna, ma un oggetto, un pezzo di carne del quale
potevano fare o pensare quello che volevano. Invece Gesù mi ha aperto gli occhi. Mi
ha fatto capire che il mio corpo era veramente sacro, e che non dovevo più concedermi
per fare in modo che l’altro potesse conoscere un’altra Anna. Ma innanzi tutto ero
io ad avere bisogno di conoscere chi fossi. Quando l’anima rientra in se stessa, e
si rende conto che è diventata un oggetto, ci vogliono tanti anni prima di recuperare
la propria identità.
D. - La sua è una storia di conversione e, come tutte
le storie di conversione, c’è un prima ed un dopo. Ma c’è qualcosa che lega armoniosamente
questo prima e questo dopo: un filo rosso disegnato da Dio, che è quello della danza… R.
- Devo ringraziare sempre le consorelle della comunità, perché quando sono entrata
tra le Suore Operaie avevo smesso di danzare perché pensavo che la danza fosse contro
Dio. Invece Lui mi ha superato! Quando sono “entrata” tra le suore, le mie consorelle
mi dissero: “Questo è un dono bellissimo! Dobbiamo metterlo al servizio della Chiesa!”.
E, sempre una mia consorella mi disse: “Proviamo ad aprire una scuola”. Ma è stato
il vescovo di Palestrina, don Domenico Sigalini, che mi disse: “Prova a fare un corso
di danza!”. Nel giro di due tre mesi avevo già 30 ragazzi. Adesso sono un centinaio.
Ai giovani piace tantissimo potersi avvicinare alla Parola attraverso la danza. Organizziamo
ritiri spirituali, incontri di preghiera, spettacoli di evangelizzazione… Il Signore
non mi ha tolto niente, anzi mi ha ridato molto di più! In questa scuola abbiamo corsi
di danza moderna, hip hop, break, danza classica… E con tutte queste forme di danza,
trasmettiamo la Parola.
D. - Dopo l’uscita del libro, lei è piuttosto conosciuta.
La notorietà le crea qualche fastidio? R. - Diciamo che mi crea un po’ di agitazione,
perché ho una vita privata molto semplice. Vorrei rimanesse tale per continuare a
testimoniare attraverso il Vangelo, senza diventare famosa. Madre Teresa diceva: ”Io
sono una matita nelle mani di Dio”. Ed io vorrei essere una nota di musica nelle sue
mani che danza, insieme ai miei ragazzi, la sua Parola nel mondo.