2013-04-09 16:15:30

Il sistema di accoglienza in Italia non funziona: la denuncia del Centro Astalli


Il numero di rifugiati resta invariato, nonostante il drastico calo delle domande d'asilo in Italia. E non è solo colpa della crisi economica. E' la denuncia del Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati, che ieri a Roma ha presentato il suo Rapporto annuale 2013. Il servizio di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

Scendono le domande di asilo, ma non i rifugiati che siedono alla tavola del centro Astalli. I bisogni di queste persone restano gli stessi e l’accoglienza italiana resta insufficiente. Il Rapporto annuale 2013 sottolinea che sono stati circa 21 mila i richiedenti asilo e rifugiati che nel 2012 si sono rivolti al Centro Astalli di Roma, 34 mila il numero in totale di chi è stato assistito in tutte le sedi territoriali. Di questi, la maggior parte proveniva da Costa d'Avorio, Afghanistan, Pakistan e, per la prima volta nel 2012, dal Mali. Sempre nell’anno passato, sono state appena 15.700 le domande di asilo presentate. È un dato preoccupante, spiega il gesuita padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, che precisa l’Italia pone in atto misure che impediscono di chiedere asilo a chi fugge da guerre e persecuzioni.

R. – Nonostante la diminuzione di arrivi, la fila alla mensa non diminuisce, ed è un segnale preoccupante, perché le persone stanno ritornando. Vuol dire che il sistema di accoglienza non ha funzionato, non funziona. E’ vero che incide anche il peso della crisi che ha colpito i più deboli: i primi a perdere il lavoro sono stati i rifugiati che avevano avuto la fortuna di avere anche contratti a tempo indeterminato, e ora si trovano senza lavoro e con il peso concreto di una famiglia con figli. Il numero non cala perché il nostro sistema di accoglienza non funziona: manca di progettualità e di opportunità oneste che accompagnino all’autonomia. Basta vedere cosa è successo con l’emergenza Nord Africa, dove le persone sono state parcheggiate anche in alberghi, o in agriturismo, che sono stati improvvisati come luoghi di accoglienza senza alcuna preparazione per dare "questo" tipo di accoglienza, che richiede personale specializzato: mediatori, psicologi… La maggior parte delle persone che arrivano sono vittime di tortura, quindi non basta un semplice operatore ma ci vogliono professionalità da mettere in campo. Questo è mancato nell’emergenza Nord Africa. Basti vedere cosa sta succedendo con la chiusura dei Centri in Piemonte: a Torino già sono stati occupati degli stabili. La nostra preoccupazione annunciata, confermata da quanto sta accadendo a Torino, è che prevediamo che si vadano a ingrossare le fila delle persone che, anche a Roma, vivono in stabili occupati. Bisognerebbe avere il coraggio e la coscienza di andare a vedere e di risolvere queste situazioni.

D. – Dunque, per voi sono le mancanze ìdel sistema di accoglienza all’origine di questa massa di disperati che aumenta alle vostre mense?

R. – No, le cause sono diverse. Innanzitutto, credo che la causa principale sia la mancanza di una volontà onesta di governare questo fenomeno, di rendersi conto dell’esperienza fatta fino a oggi e di aggiustare il tiro. Questo direi che sia il peccato originale. Mancando la volontà di governare questo fenomeno, si risponde alle emergenze che di volta in volta si presentino: dal Nord Africa, dalla Libia, a seguito della guerra, arrivano persone e bisogna dare un minimo di risposta. Invece si improvvisa, e l’improvvisazione crea danni concreti alla vita delle persone. Non è pensabile che se si arriva a Roma si hanno determinate opportunità, se si arriva nel sud si è penalizzati perché le opportunità sono minori. E poi, dobbiamo vedere come sono stati spesi i soldi: questo è fondamentale per rendersi conto di un mancato governo del fenomeno dei richiedenti asilo e rifugiati.

D. – Quindi, non è solo colpa della crisi?

R. – No, non è solo colpa della crisi: è colpa di un sistema incancrenito in cui la priorità, purtroppo, è data ai soldi e non alle persone. E la crisi, la vera povertà culturale e umana, consente che ci siano ancora persone e realtà che con l’accoglienza dei rifugiati pensano di poter fare i soldi.

Si guarda ora con speranza al prossimo governo affinché, spiega Lauren Jolles, delegato Unhcr in Italia, si affronti con forza la questione irrisolta dell’asilo, quella delle politiche migratorie e del sostegno all’integrazione. Antonella Palermo lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Non è che ci sia tantissimo sostegno per coloro che arrivano e questo scoraggia. E credo che molti che arrivano qui e tentano di ripartire, vedono l’Italia come un posto di transizione, e quindi anche i numeri che registriamo sono forse minori. Negli anni scorsi, abbiamo avuto grandi discussioni anche di confronto con i governi passati, proprio perché c’erano grandi problemi, soprattutto per l’accesso all’Italia, l’accesso al territorio, l’accesso alla procedura per l’asilo. E quindi gente che doveva partire, che aveva una ragione per partire, la necessità di una protezione internazionale, che veniva bloccata e non poteva venire in Italia. Da questo punto di vista, le cose sono in effetti molto migliorate. Il problema che c’è adesso è un problema su cui, secondo me, bisogna veramente concentrarci, non solo noi, ma anche il governo, il Parlamento, qualsiasi governo che verrà. E l’accoglienza e soprattutto anche il sostegno all’integrazione, al percorso di integrazione una volta ricevuto uno status. Quindi, questo è importantissimo perché una persona arriva qui, inizia la procedura per l’asilo che può prendere anche un po’ di tempo, diventa rifugiato, le si riconosce quindi il bisogno di una protezione e poi è insufficiente, l’aiuto dato: spesso non è tale da potere veramente permettere al rifugiato di inserirsi e quindi di stare sulle proprie gambe e di contribuire positivamente, in un secondo tempo, alla società italiana.

Ultimo aggiornamento: 10 aprile







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