"Mi fido di te": concluso l'incontro per i giovani della diocesi Orvieto-Todi
Due giorni per fare esperienza di Cristo. Li ha proposti ai giovani la diocesi di
Orvieto-Todi, in Umbria, che da sabato sta proponendo momenti di riflessione e spazi
di preghiera sul tema della fede. Nella tarda serata, si è svolta la "Notte bianca
della fede", che è culminata con l’adorazione eucaristica nel Duomo di Orvieto. L’iniziativa,
inserita nell’ambito del Giubileo Eucaristico Bolsena–Orvieto, che si protrarrà fino
al prossimo anno, si chiama “Mi fido di te”. Ne parla, al microfono di Tiziana
Campisi, il responsabile della pastorale giovanile in Umbria, don Marcello
Cruciani:
R. – “Mi fide
di te” proprio perché questo incontro è stato pensato per l’Anno della Fede, che ha
indetto Benedetto XVI. Con i vescovi dell’Umbria, si è pensato di radunare i giovani
della regione proprio intorno alla figura di Cristo. La fiducia in Lui, mi fido di
Te, mi affido a Te. Si svolge a Orvieto perché a Orvieto è in corso, fino al 2014,
il Giubileo eucaristico straordinario indetto per i 750 anni del miracolo di Bolsena
e della Bolla Transiturus de hoc mundo,che ha istituito la festa del
Corpus Domini. I giovani hanno vissuto un’esperienza profondamente eucaristica
con la veglia di preghiera in cattedrale alle ore 2, nella “Notte bianca della fede”,
dove hanno fatto l’adorazione e si è conclusa tutta la giornata, la prima parte. Abbiamo
scritto anche una lettera al Papa. Già l’incontro era improntato alla figura di Francesco,
giovane di Assisi che ha dato la sua vita per Gesù e aveva un grande amore per i poveri,
per l’Eucaristia. Allora, abbiamo scritto al Papa dicendogli: vogliamo essere discepoli,
imitare San Francesco. E poi, lo aspettiamo nella Regione.
D. – Qual è la realtà
oggi giovanile dell’Umbria?
R. – In questi ultimi anni, c’è stato un grande
risveglio della pastorale giovanile pur essendoci tante problematiche, prima di tutto
la tossicodipendenza. Il secondo problema sono i tanti ragazzi figli di genitori separati,
che hanno ferite, rapporti difficili con i loro genitori. Io credo che siano le due
emergenze attuali.
D. – Papa Francesco il Giovedì Santo, alla Messa del Crisma,
ha esortato i sacerdoti a uscire dalle parrocchie per andare incontro alla gente.
Voi cosa vi proponete per andare incontro al popolo, per andare incontro ai giovani?
R.
– Noi ci proponiamo sempre di più di essere presenti alle periferie. Non abbiamo grandi
periferie urbane, però abbiamo periferie psicologiche, umane. Ci sono tanti ragazzi
che vivono ai margini. Dobbiamo essere sempre più aperti, dobbiamo essere presenti
sempre più capillarmente. La Regione ha promosso molto gli oratori. Noi non avevamo
una tradizione di oratori parrocchiali: è una tradizione che appartiene più al nord,
i nostri piccoli paesi avevano la casa parrocchiale e la Chiesa. Invece, adesso, se
le nostre parrocchie sono piccole e non riescono ad avere un oratorio possono però
mettersi insieme, perché ormai quasi tutte le diocesi hanno fatto la scelta di far
lavorare gruppi di parrocchie nelle cosiddette "unità pastorali" e lì è possibile
aprire un oratorio. Si stanno diffondendo. Penso che l’oratorio sia un ponte tra la
Chiesa e la casa, perché vi partecipano ragazzi non solo italiani ma anche immigrati.
Abbiamo una grande percentuale di immigrati. La nostra Regione è soprattutto formata
da persone molto anziane. L’immigrazione raggiunge l’8-9% della popolazione. Ci sono
tanti ragazzi di famiglie immigrate che frequentano gli oratori, anche alcuni che
non sono cattolici e neanche cristiani. L’oratorio diventa un ponte per la periferia.