Corea del Nord: si allunga lista Paesi che non lasciano le ambasciate di Pyongyang
Resta difficile la situazione nella Corea del Nord dopo l’invito a evacuare le ambasciate
straniere perché dopo il 10 aprile non sarà più garantita la sicurezza. Molti Paesi
– tra cui anche Gran Bretagna, Francia e Germania – hanno reso noto che non abbandoneranno
Pyongyang. Intanto, mentre continuano le minacce nucleari norcoreane, gli Stati Uniti
hanno deciso di inviare in Giappone un aereo-spia. Crescono le preoccupazioni internazionali
per l’isolamento della Corea del Nord: in proposito Benedetta Capelli ha intervistato
Giuseppina De Nicola, già docente di Culture e società dell’Asia orientale,
che per molti anni ha vissuto a Seul:
R. - In Corea
del Nord ed in Corea del Sud gli scenari sono cambiati: Kim Jong-un si trova ad affrontare
innanzitutto un problema di legittimazione all’interno del suo Paese. Quindi, dato
che la Corea del Nord è comunque un Paese particolare, porta dietro di sé degli strascichi
che fanno riferimento ad una cultura tradizionale dove è presente ancora l’idea -
e questa è rimasta molto preponderante in Corea del Nord - del sovrano che deve ricevere
il “mandato dal cielo”. Ogni nuovo sovrano, ogni nuovo presidente deve dimostrare
di aver ricevuto questo “mandato dal cielo” e dunque di essere in grado di governare
nel proprio Paese. Bisogna dimostrarlo cercando di far vedere ai propri cittadini
che Kim Jong-un tiene testa ovviamente ai nemici storici: Stati Uniti e Corea del
Sud.
D. - Esiste un solo ed unico pensiero in Corea del Nord, oppure ci sono
gruppi che stanno premendo per un cambiamento del Paese?
R. - Diciamo che non
esistono gruppi di dissidenti. E’ vero però che Kim Jong-un ha avuto dei problemi
con i suoi collaboratori, alcuni infatti sono stati allontanati. Sicuramente nella
popolazione la situazione è cambiata, grazie anche ad internet. In Corea del Nord
c’è un grande mercato nero, tutto passa sotto banco, e quindi passano anche molte
informazioni che prima in Corea del Nord non passavano. C’è gente che ha un computer
e riesce a collegarsi alla rete sfuggendo al controllo del regime. Per non parlare
di tutto il materiale che arriva dalla Corea del Sud: trasmissioni televisive, fiction,
film, per cui la popolazione - lì dove ovviamente è possibile - è più conscia della
differenza che esiste tra il mondo esterno e quello interno. Questo probabilmente
provoca anche delle insoddisfazioni e quindi un certo non più assoluto o cieco affidamento
in quello che dice il leader. Tutto questo forse provoca all’interno una maggiore
difficoltà per lo stesso leader Kim Jong-un.
D. – Il Paese vive in condizioni
di estrema povertà. Qual è la situazione?
R. - Pyongyang sicuramente ha una
condizione di vita molto diversa dalle campagne: la popolazione contadina non ha accesso
a tutti i beni di cui fruiscono le persone che vivono in città. Però c’è anche da
dire che fino a questo momento queste persone, essendo isolate, si affidavano al leader,
visto sempre come una sorta di figura paterna e secondo l’impronta di tipo confuciana
che c’è nella cultura nordcoreana. Dunque il leader rappresenta il padre quindi i
figli, i cittadini, si affidano a questo padre.
D. - Per quanto riguarda la
Corea del Sud: esistono dei gruppi che cercano di premere per una riunificazione delle
due Coree?
R. - Sì, sicuramente. Ci sono gruppi che si dedicano proprio alla
Corea del Nord e quindi a cercare non solo una via di riunificazione, ma anche di
fornire un aiuto vero e proprio a livello pratico - di beni materiali - e questo non
accade solo in Corea del Sud, ma anche con i rifugiati di altri Paesi, come Stati
Uniti e Canada. Bisogna soprattutto tenere alta l’attenzione in Corea del Nord in
materia di diritti civili.