2013-04-02 14:53:38

Cresce l’autismo nel mondo. Mons. Zimowski: società sempre più priva della dimensione affettiva


“Autismo: una parola che fa paura ancora oggi” e che deve invece suscitare “compassione” “tenerezza “ “solidarietà”. Cosi mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, sottolinea nel Messaggio per la Giornata mondiale sull’Autismo celebrata ieri. Ricorrenza indetta dall’Onu nel 2007 per sensibilizzare l’opinione pubblica su una sindrome psichica in forte aumento nel mondo che a tutt’oggi resta senza certezze di diagnosi e cure. Il servizio di Roberta Gisotti:RealAudioMP3

Dall’Empire State Building di New York, all’Arco di Costantino a Roma, al Cristo Redentore di Rio de Janeiro: luci blu sui luoghi simboli del mondo per accendere i riflettori sull’autismo. 400 mila i malati solo in Italia, circa 5 milioni in Europa, casi raddoppiati in cinque anni negli Stati Uniti. Crescita solo in parte spiegabile con le migliorate tecniche diagnostiche. Le ipotesi all’origine della patologia sono genetiche, ma anche biologiche, farmacologiche, cognitive, ambientali. Per questo occorre – sollecita mons. Zimowski – “una profonda rivisitazione” di “un’’immagine ‘tipica e stereotipata’ del bambino autistico”, che in genere si rivela tale intorno al terzo anno di età e che “appare incapace di comunicare in modo proficuo con gli altri, talvolta come recluso in una ‘campana di vetro’, il suo imperscrutabile, ma per noi meraviglioso – sottolinea il presule - universo interiore”. Occorre dunque testimoniare “l’Amore oltre lo stigma, quello stigma sociale che isola l’ammalato e lo fa sentire un corpo estraneo” nella moderna società, nella moderna sanità, sempre più tecnica ma sempre più priva e disattenta a quella “dimensione affettiva”, che dovrebbe qualificare ogni percorso terapeutico. Da qui il richiamo alla comunità cristiana perché accolga i bambini autistici nelle attività sociali, educative, catechetiche, liturgiche, secondo le loro capacità relazionali ed esprima solidarietà fraterna alle loro famiglie. E che la persona autistica non sia un numero, ma sia accompagnato “con compassione e tenerezza nel suo tortuoso percorso umano e psico-relazionale”, con l’aiuto di parrocchie, associazioni e operatori di buona volontà.


L’autismo, un campo per la medicina ancora da esplorare per capire da dove ha origine, quali sono i sintomi per la diagnosi, quali sono le cure. Eliana Astorri ha intervistato la prof.ssa Maria Giulia Torrioli, neurospichiatra infantile del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.RealAudioMP3

R. - Ci sono diverse malattie che possono portare a comportamenti di tipo autistico, tanto che oggi spesso si parla di “autismi”, più che di “autismo”. Questo ha portato a dover approfondire quali potevano essere le origini e ci sono studi tutt’ora in corso, perché sono emersi elementi sempre nuovi, come infezioni, inquinamento atmosferico - attualmente anche abbastanza studiato – e diverse altre cause che alla fine portano al comportamento di tipo autistico. Si è parlato molto di cause genetiche ed attualmente questo è oggetto di importante discussione perché è probabile che ci siano cause genetiche, ma che da sole non bastino a provocare una sindrome autistica, e che quindi ci siano delle concause tra fattori ambientali e genetica.

D. – Il mondo degli autistici è così vario?

R. – Estremamente vario. Credo che ognuno di noi, nel momento in cui sente parlare di autismo - specialmente chi non ha visto molti bambini autistici - ha l’immagine di un bambino con gravissimi problemi di comportamento. In realtà questo è vero soltanto in alcuni casi. Sono comunque bambini con un’intelligenza normale o brillante. Quindi, si può trattare di bambini che hanno un comportamento assolutamente diverso dall’immagine che abbiamo in mente quando parliamo di autismo. Però rimane il punto fondamentale, che è quello di una difficoltà particolare ad entrare in rapporto con gli altri e a capire come il mondo intorno a loro è organizzato.

D. – Quanto è alta l’incidenza di nascita di un bambino autistico?

R. – E’ andata aumentando enormemente negli ultimi tempi. Questo sicuramente un po’ è dovuto al fatto che i casi di autismo vengono diagnosticati prima; diagnosticandoli prima si comprendono anche moltissimi bambini che poi migliorano spontaneamente fino ad uscire dallo spettro autistico. Tutto questo però non basta a giustificare l’importanza dell’aumento. Sono state sperimentate moltissime cure farmacologiche: dalle dietetiche a quelle farmacologiche più propriamente dette. In realtà, con queste si possono avere dei risultati su alcuni sintomi dell’autismo come ad esempio sull’iperattività o sull’aggressività; ma non rappresentano una terapia vera e propria per l’autismo.

D. – Sono fondamentali, però, la riabilitazione cognitiva e comportamentale …

R. – Sicuramente sì. Sono fondamentali perché sono quelle che poi incidono maggiormente sulle capacità che il bambino va sviluppando, quindi facilitare alcune cose e inibirne altre. Si è visto, per esempio, che prima si comincia un trattamento del bambino e migliori sono i risultati. Ma è difficile dire quale trattamento possa essere quello più indicato, perché spesso i bambini autistici non sono uno eguale all’altro. L’avere stabilito come uno dei punti estremamente variabili il concetto di “gravità”, è sufficiente per dire che l’approccio può essere molto diverso: in alcuni bambini “meno gravi”, è possibile che sia sufficiente facilitare il contatto con gli altri bambini - se si comincia quando è molto piccolo - per aiutarlo ad uscire da una situazione che, in questo modo, probabilmente non diventerà mai un autismo propriamente detto. Ci sono molti altri casi in cui, invece, è necessaria una terapia lunga, importante, che coinvolge non soltanto il bambino autistico ma tutta la sua famiglia.

Ultimo aggiornamento: 3 aprile







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