ll linguaggio di Francesco: esce dal cuore ed entra nel cuore
Un linguaggio semplice, accessibile a tutti, fatto di frasi brevi, poche subordinate,
vocaboli ordinari, ripetizione delle parole chiave. È lo stile di Papa Francesco,
emerso nei suoi primi interventi pubblici, secondo l’analisi di un esperto, il biblista
don Matteo Crimella, docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia
Facoltà Teologica Italia Settentrionale e alla Pontificia Università Urbaniana. Antonella
Palermo lo ha intervistato:
R. – Quello
che appare evidente è il linguaggio semplice: frasi brevi, poche subordinate, vocaboli
ordinari. E questo fa sì che tutti possano comprendere. Dietro si sente la profondità
di un pensiero: un uomo che riflette, che prega, che comunica una grande esperienza,
che ha una visione complessa della realtà, ma la esprime – appunto – con un linguaggio
accessibile veramente a tutti. Colpisce, per esempio, il fatto che il Papa qualche
volta citi dei piccoli episodi. Ecco, questi piccoli esempi dicono la forza della
comunicazione ma soprattutto mi sembra che questo emerga nel momento in cui il Papa
si distacca dal testo e parla a braccio. Si sente: si sente che anche fisicamente
alza i fogli, e quindi non legge, e guarda le persone con cui sta parlando. Qui mi
è venuto alla mente un celebre detto del Talmud: “Ciò che esce dal cuore entra nel
cuore”. Ecco, mi sembra proprio che sia il caso di Francesco: cioè, noi sentiamo che
dal cuore di quest’uomo, di questo pastore viene qualcosa di molto profondo a proposito
di Dio, della vita, della Chiesa, dell’uomo. Lo dice, lo esprime in maniera molto
diretta e questo va alle persone.
D. – Poi queste esortazioni: tutte al positivo,
vero?
R. – Certo: anche questa capacità pedagogica di mettere l’accento lui
stesso sulle parole chiave. Tecnicamente, questo effetto è quello di suscitare una
domanda, un’attesa, una curiosità introducendo una risposta che non è esaustiva nel
senso che naturalmente chiede di fare un cammino, ma mostra come questo itinerario
sia promettente, invitante, pieno di gioia, di speranza … Questo entusiasma, entusiasma!
D.
- E ci sembra di poter dire che questo linguaggio sia stato già particolarmente efficace,
se solo guardiamo a quanto si è rimesso in moto in diversi cuori già subito dopo quel
primo Angelus in Piazza San Pietro, vero?
R. – Ora, io vivo a Milano in una
parrocchia della periferia e nel pomeriggio sono – come sempre – sceso in chiesa,
verso le cinque – noi abbiamo la Messa alle 18: quindi, alle 17 ero in chiesa. Solitamente,
qualcuno arriva per confessarsi … Ebbene, io domenica ho confessato due ore di fila.
E la cosa che mi ha colpito è che tutti, tutti mi hanno detto: “Sono dieci anni che
non mi confesso”, “Sono cinque anni che non mi confesso”, “Ho sentito il Papa e ho
sentito la necessità di venire a confessarmi”. Ecco, questo io credo che sia un segno
bellissimo: un uomo che parla dell’amore di Dio, che comunica la sua esperienza della
misericordia, la sua grande passione per Dio e suscita immediatamente negli altri
il desiderio di vivere questa stessa esperienza.