L'abbraccio del Papa ai ragazzi di Casal del Marmo riuniti nella palestra. Le voci
di chi lavora nel carcere
Al termine della Messa, celebrata giovedì nella cappella “Padre Misericordioso”, Papa
Francesco ha incontrato tutti i giovani nella palestra. I detenuti gli hanno donato
una croce e un inginocchiatoio in legno realizzati da loro e il Papa ha ricambiato
con uova di cioccolato e colombe per tutti. Il servizio di Davide Dionisi:
“Sono venuto
qui, ma dal cuore è venuto quello, soltanto. (…) Le cose del cuore non hanno spiegazione,
vengono da sole”.
Il motivo della visita di Papa Francesco, ieri nell’Istituto
Penale per Minorenni di Casal del Marmo, è tutto in questa risposta data a uno dei
ragazzi detenuti, durante l’incontro nella palestra attigua alla cappella “Padre Misericordioso”,
dopo la Messa in Coena Domini. Il Papa ha voluto salutare e abbracciare tutti
i giovani ospiti, regalando loro un messaggio che ha fatto immediatamente breccia
nei loro cuori:
“Non lasciatevi rubare la speranza. Capito? Sempre con
la speranza, avanti!”.
Un’esperienza molto forte, l’ha definita il cardinale
vicario Agostino Vallini, che ha lasciato un segno indelebile:
“Certamente,
un’esperienza molto forte in cui la presenza del Santo Padre, le sue parole, la vicinanza
a questi ragazzi, il suo sguardo di affetto e di amore hanno toccato tutti e hanno
aperto il cuore al Signore”.
Per il ministro della Giustizia, Paola
Severino, grazie a questa straordinaria dimostrazione di affetto di Papa Francesco,
ciascuno dei ragazzi ha compreso realmente cosa vuol dire essere circondati dall’amore
e dal senso della speranza:
R. – Io credo che in quel cielo grigio si sia aperto
uno squarcio di speranza, così come diceva il Papa: ‘Non perdete la speranza’, perché
anche in un carcere, in una struttura semplice come questa, ci può essere tanto amore
e tanto spirito di servizio. I fervidi sentimenti che ho visto anche nel nostro personale
di polizia penitenziaria, nei volontari, in tutti coloro che aiutano questi ragazzi.
D.
– Nel suo intervento, nel suo saluto, lei ha ricordato l’inizio del suo percorso istituzionale
con Rebibbia e poi a Casal del Marmo. Un percorso costellato anche di altre tappe,
come lei ha ricordato …
R. – Molte di queste tappe sono state dedicate, appunto,
al carcere. Devo dire che ne è valsa la pena, perché non so se il bilancio sia di
tante o poche cose fatte. Io avrei voluto farne molte di più, per il carcere, però
certamente ho dedicato al carcere un’attenzione continua e queste due tappe – la prima
e l’ultima – che hanno segnato questo cammino, mi sono sembrate veramente molto importanti.
Oltre
ai ragazzi, c’è stata tanta emozione anche tra il personale che lavora in carcere.
Tra loro, Caterina Chinnici, capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile,
figlia del giudice Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia nel 1983. Proprio lei ha voluto
regalare al Papa un libro sulla storia del padre magistrato e ne parla al microfono
di Davide Dionisi:
R. – E’ stata
innanzitutto una grandissima emozione, che veramente ci ha coinvolto tutti: sia me
come capo Dipartimento, sia i miei collaboratori, ma soprattutto all’interno dell’Istituto
penale. E la stessa emozione l’hanno provata i ragazzi. Sono ragazzi che non sono
abituati a gestire le proprie emozioni e li abbiamo accompagnati proprio nel senso
di comprendere veramente quanto sia importante questo gesto del Santo Padre: l’attenzione,
la cura, l’amore che dedica a questi ragazzi per portare un segno di speranza e –
a me piace dire – un segno di fiducia. Io ho vissuto questo momento in continuità
con un impegno che a me viene anche dal mio percorso di vita personale: mio padre
è stato il primo a rivolgere l’attenzione ai ragazzi. Io ho fatto per 14 anni il giudice
minorile e mi sono trovata davanti ragazzi che avevano commesso reati molto gravi,
anche per fatti di mafia. E mi tornavano alla mente le parole di mio padre che diceva:
“Io ho fiducia nelle giovani generazioni”. E io questa fiducia l’ho sempre riposta
nei giovani, anche in quelli meno fortunati che possono avere commesso degli errori.
Questa Messa che il Papa ha voluto dedicare proprio ai ragazzi, è un segnale forte
di questa fiducia. E per noi è un incoraggiamento a proseguire a lavorare proprio
per questi ragazzi.
Sono difficili le condizioni di chi lavora nel carcere
di Casal del Marmo, in particolare per gli agenti di Polizia penitenziaria chiamati
a far rispettare l’ordine ma anche alle prese con minori e con le fatiche che questo
comporta. Davide Dionisi ne ha parlato con il comandante della Polizia penitenziaria
di Casal del Marmo, Saulo Patrizi:
R. – E’ un compito
estremamente complesso, non tanto per i numeri che sono presenti nel nostro reparto,
che è comunque è un reparto piccolo, quanto per l’animo e la professionalità che ci
mette il personale, che spesso – avendo poi anche turni lunghi all’interno delle sezioni
– tende a metabolizzare tanta sofferenza che si vive nelle sezioni assieme ai ragazzi.
Bisogna anche essere grandi "contenitori" di emozioni, non solo per i nostri giovani
detenuti ma anche per il personale che dobbiamo gestire.